venerdì 27 gennaio 2012

CONOSCENZA PERSONALE

Felice Pollanzani
Ritratto di Giambattista Piranesi,
acquaforte, 1750















La rivistina “InPressioni”, che si pubblica a Genova in due numeri l’anno, ha, per le mie idiosincrasie, il difetto di occuparsi di ex libris ed il pregio di non occuparsi solo di ex libris. Ha una strutturazione semplice che prevede le presentazioni di un artista del passato, un artista italiano contemporaneo, uno straniero contemporaneo, un collezionista o una particolare tematica, associazioni o altre iniziative estere. Pertanto La sola particolarità degna di nota consiste nel fatto che sono gli stessi artisti contemporanei a scrivere il testo di auto-presentazione della propria opera.
Per quelle curiose convergenze che, a volte, si verificano a distanza (di tempo e di spazio), l’annuario del 2011 pubblicato dall’Associazione Liberi Incisori di Bologna s’intitola “Autorappresentazioni” e gli artisti associati si sono dati il tema di tracciare il proprio “autoritratto” inciso e scritto. Successivamente questa iniziativa è confluita nella mostra “Se Ipsum” allestita presso il Centro Le Cappuccine di Bagnacavallo ampliata da una sezione storica con ritratti e autoritratti di artisti del passato italiani e stranieri.
Proprio dai testi di auto-presentazione prendono spunto le considerazioni di questo post.
 “Costringere” un artista a razionalizzare a parole il senso della propria opera, per quanto brillante e complessa, può risultare una forzatura che tuttavia può riservare sorprese.
La parola è sempre psicologicamente rivelatrice e non lascia scampo, solo ai “professionisti” della scrittura è concessa la possibilità di manipolare le parole per esprimere quello che vogliono, tutti gli altri, che siamo seduti sul nostro culo quando scriviamo, finiamo per esprimere solo noi stessi e poi, non è da escludere che qualcuno possa avere delle verità che nessuno vorrebbe ascoltare nemmeno se si fosse ben capaci di raccontarle.
I testi risultano sempre rivelatori: a volte per quello che dicono, a volte per quello che tacciono, sempre per quel che inconsapevolmente resta intrappolato tra le righe. Tra gli artisti interpellati la tendenza prevalente è quella di eludere l’impegno, ma finendo per smascherarsi più di quanto vorrebbero nascondersi.
Emergono i tratti caratteriali delle diverse personalità: il simpatico, spiritoso e auto-ironico… l’arrogante pieno di sé… il modesto e riservato…; si riconosce il retroterra culturale di provenienza: chi si rivela colto e chi si sforza di far credere di esserlo infatti il tentativo più maldestro consiste proprio nell’impelagarsi in citazioni letterarie, musicali, filosofiche..., inoltre era, forse, immaginabile che dietro certe ossessive ripetizioni di uno stesso soggetto non c’è alcun pensiero.
La mia intenzione non è quella di elaborare una qualche statistica, bensì riprendere una vecchia, antica direi, diatriba, sempre aperta, sulla conoscenza più o meno approfondita degli artisti al di là della loro opera.
Sull’argomento si contrappongono emblematicamente due diverse tesi sostenute, in campo letterario, rispettivamente da Saint-Beuve e Proust, ma estensibili ad ogni sorta di artista.
Leggete un po’ cosa sosteneva lo stimato critico del diciannovesimo secolo: «Finché, su uno scrittore, non ci saremo posti un certo numero di quesiti, e non avremo dato ad essi una risposta, sia pure per noi soli e a bassa voce, non potremo essere sicuri di tenerlo tutt’intero, quand’anche tali quesiti possono sembrare i più lontani dalla natura dei suoi scritti. Che cosa pensava in fatto di religione? Come reagiva allo spettacolo della natura? Qual era il suo regime di vita, la sua esistenza di tutti i giorni? E, in fine, qual era il suo vizio o il suo punto debole? Nessuna risposta a queste domande è senza importanza.»
Questo giustificherebbe un interesse per la vita oltre che per l’opera di un artista, ma, secondo la tesi opposta, Balzac poteva anche essere maleducato, Stendahal noioso nella conversazione. Baudelaire ossessivo e quanti altri “difetti” si potrebbero attribuire gli artisti..., ma perché questo dovrebbe influire sul nostro modo di interpretarne le opere che non presentano nessuno dei difetti dei loro autori? L’argomentazione è persuasiva e spiega perché Proust abbandonò la tesi di Sainte-Beuve sostenendo con forza che ciò che contava era esclusivamente l’opera e non la vita, inoltre conoscendo la vita di Proust non è difficile capire perché gli stesse tanto a cuore tenere nell’ombra la propria quotidiana esistenza.
Personalmente continuo ad essere indeciso su quale atteggiamento seguire: la conoscenza personale di un artista mi intriga, ma allo stesso modo dell’interesse generale che ho verso tutte le persone; a volte ne sono rimasto profondamente deluso, imbattendomi nell’immancabile “Testa di Mischia” o scoprendo un individuo insignificante o detestabile nell’autore di opere apprezzabili, ma non è mancato il piacere di aver conosciuto artisti nei quali la profondità dell’opera coincide con la sensibilità umana e intellettuale.
Se devo far riferimento alla mia diretta esperienza posso dire che gli aspetti intimi che ho appreso sugli artisti che mi onorano della loro amicizia non hanno mai fatto una grande differenza rispetto all’interpretazione delle rispettive opere, ma mi hanno portato a considerare legittimo concepire l’arte anche come “scudo” e non solo come “specchio”; inoltre non mi sento di escludere che, a volte, la distanza, il distacco, rende più semplice leggere nel cuore delle persone che non si sono mai viste, tenendo per se l’incapacità di capire quelle che si conoscono.
Come conseguenza sono diventato molto diffidente verso le sregolatezze ostentate frutto di nessun genio, pertanto da non prendere neanche in considerazione gli autori umanamente detestabili di opere insignificanti.
Ovviamente il carattere e la personalità non c’entrano con l’essere un artista più o meno valido o “vero” e sul concetto di “artista vero” prima o poi dovrò decidermi ad ordinare qualche considerazione.
Per quanto brillante, per quanto complessa sia l’opera di un artista, sembra che la sua vita debba necessariamente mostrare una straordinaria e incongrua successione di scompiglio, infelicità e stupidità.
Non è così, non sempre è così.
È stato quel provocatore di Socrate ad averci messo nei guai con quell’enigmatico imperativo, insomma il “conosci te stesso” sarebbe una cosa da tipi speciali, se non da esseri superiori. Ha scritto Sibilla Aleramo: «un poeta grande, veramente grande, è il più prosaico tra gli uomini, ma i poeti inferiori sono, tra gli uomini, coloro che maggiormente riescono a meravigliare. Costoro vivono il poema che non possono scrivere, gli altri scrivono il poema che non possono tradurre nella realtà».
Questa storia che nessuno si conosce non è poi tanto vera, io credo piuttosto che ogni artista, di fronte al tribunale della propria coscienza, è consapevole dei propri limiti, ma poi succede che al cospetto degli altri li nasconde e finge di considerarsi migliore per convincere innanzitutto se stesso, poiché l’uomo crede in se stesso nella misura in cui gli altri credono in lui. Quando gli viene in mente un’idiozia, e la riconosce come tale, la enuncia con enfasi e solennità, come chi scopre un luminoso principio della conoscenza; ma è solo perché qualcuno (idiota come lui s’intende) abbocchi all’amo.
È quel che capita “pescando” nelle acque torbide dell’arte contemporanea o in quelle stagnanti dell’incisione italiana.

venerdì 20 gennaio 2012

Friends of the Silesian Museum

L’Arte e il Torchio / Art and the Printing Press - Biennale internazionale di incisione di Cremona, è stata insignita del premio “Friends of the Silesian Museum”. Il riconoscimento è giunto in seguito all’importante donazione di 94 incisioni dei più significativi artisti italiani contemporanei, nel 2011, al Museo della Slesia (Muzeum Slaskie) di Katowice, Polonia. Vladimiro Elvieri, ideatore e curatore della Biennale e della donazione, ritirerà il premio nel corso di un gala che si terrà il 9 febbraio 2012 presso lo stesso museo polacco.  www.muzeumslaskie.pl   www.elvieri-toni.com
L’Arte e il Torchio / Art and the Printing Press - International Biennial of Engraving of Cremona, will receive the Prize “Friends of the Silesian Museum”. The award, acquired following the donation of 94 engravings of the most important contemporary Italian artists, to the Silesian Museum (Muzeum Slaskie) of Katowice, Poland, in 2011. Vladimiro Elvieri, conceiver and curator of the Biennial and the donation, will withdraw the prize during a gala at the same Silesian Museum, February 9, 2012.   www.muzeumslaskie.pl   www.elvieri-toni.com