venerdì 23 agosto 2013

DI CARTA / PAPERMADE Prima Biennale Internazionale di Opere su Carta

Francisco Goya
C’È MOLTO DA SUCCHIARE
Foglio 45 dei Capricci, 1799
Acquaforte e acquatinta, 205 x 150














IL BARATTO
Il baratto, cito dal primo vocabolario che mi è capitato sottomano, è lo scambio diretto di un bene o di un servizio con un altro. Rappresenta la più antica forma di commercio, corrispondente ad uno stadio economico mancante ancora di denaro.
È facile individuare nell’attuale crisi economica un possibile incentivo alla ripresa dello scambio diretto, ma la pratica ha già una sua consuetudine nella filosofia della “decrescita”, più o meno “felice”, in quanto possibilità di “risparmio” scambiando anche la propria disponibilità attraverso le “Banche del Tempo”
Non so se gli organizzatori della “Biennale Internazionale di Opere su Carta”, promossa dal Comune di Schio, siano partiti da considerazioni simili a queste, di certo sono giunti alla conclusione che invece della volgare e tanto vituperata ”quota di partecipazione” si poteva chiedere agli artisti di contribuire “in natura” e ai fornitori di accettare una forma di “baratto culturale”.
Cito testualmente dal punto quattro del regolamento:
«4) Ogni artista parteciperà con un opera, inviando n. 3 copie della stessa. Le tre stampe (originali e non riproduzioni) saranno donate al Comune che utilizzerà: due copie come ricompensa per servizi e acquisti per l'organizzazione della mostra e una copia di tutte le stampe entrerà a far parte della Collezione Civica del Comune di Schio, che si impegnerà al massimo per valorizzare le opere esponendole periodicamente oppure inviandole in prestito ad altre esposizioni.»
Poiché è prescritto che le opere da presentare debbano essere stampate su un formato di carta compreso tra 35x50 e 70x100 cm, se ne può dedurre che mediamente, con una grossolana stima, le quotazione dei fogli presentati si aggireranno tra centocinquanta e seicento Euro.
Lascio a voi il facile compitino di fare il resto del conto.
Gli artisti sono una categoria fortunata per natura, c’è sempre chi si preoccupa per loro e si offre per semplificarne l’esistenza. Infatti è proprio una fortuna per gli incisori che il mercato della stampa d’arte si sia azzerato cosi non hanno più preoccupazioni di quotazioni e di commercializzazione e se i fogli si accumulano invenduti ecco la lodevole iniziativa della biennale “DI CARTA / PAPERMADE”  che si prende la briga di aiutare a far spazio nella cassettiera alleggerendola, in un sol colpo, di ben tre fogli.
Che sollievo!
Che fortuna!
È facile immaginare, stante lo spirito emulativo che caratterizza questo campo, che c’è già chi è pronto a rialzare il numero di esemplari richiesti per non far mancare il proprio aiuto agli artisti tanto bisognosi che non sanno proprio come smaltire le tirature invendute.
Contrariamente alle abitudini, in questa considerazione voglio continuare a mantenere il tono di “serietà” fin qui adottato, pertanto non ironizzerò sulla differenza tra “valore e prezzo” o sull’ancor più frivola relazione tra “valore artistico e valore commerciale” perché ci si muove sul filo dell’ambiguità tra scambio e omaggio e sappiamo che nella mentalità comune ciò che viene regalato ha la fatale conseguenza di deprezzare qualsiasi valore intrinseco (quello “artistico” è già di per sé difficile da riconoscere), ma questi sono argomenti troppo leggeri per essere trattati in questo seriosissimo blog.
La mia presunzione di conoscere tutti nel “cortile” dell’incisione italiana deve incassare un duro colpo ammettendo di non sapere nulla (e forse è un bene) sulla curatrice incaricata di selezionare gli artisti da invitare.
L’impostazione complessiva ha un suo interesse, anche in relazione alle considerazioni espresse negli ultimi post, e stante l’eterogeneità alla quale si va incontro, “un mix di grandi diversità a confronto”, sarà l’allestimento a fare la differenza. Per tutto il resto posso solo riportare quanto viene dichiarato nella presentazione dell’iniziativa:
«DI CARTA / PAPERMADE sarà un'ampia esposizione collettiva di opere di carta in cui si possono individuare tre settori: la stampa d'arte, i libri d'artista e le istallazioni.
Il progetto prevede la partecipazione di circa 80 artisti, italiani e stranieri, con altrettante opere (circa 50 stampe d'arte, 12 libri d'artista, 15 istallazioni).

Il tema delle opere è libero.
È la carta, materia e mezzo privilegiato, al centro di questo progetto.
Gli artisti presenteranno la loro opera creata utilizzando la carta come mezzo espressivo su cui o con cui creare immagini e oggetti.
Quindi carta intesa sia come supporto sia come materia da trattare, manipolare, trasformare in opera d'arte, ispirazione o veicolo di emozioni e comunicazioni.
La sede della mostra sarà Palazzo Fogazzaro a Schio, anticamente opificio laniero, collocato in una zona che vanta la stampa di alcuni dei primi incunaboli.

Gli artisti invitati avranno differenze di età, di provenienza geografica e formativa, percorso di ricerca, di linguaggio e di stile. Il risultato sarà un mix di grandi diversità a confronto: aspetti iconografici,  cromatici e plastici tra i più svariati, soggetti liberamente scelti, universi narrati o luoghi e sentimenti evocati, emotività delicatamente o fortemente espresse.
Dal figurativo all'astratto, alla ricerca di particolarità di segni, forme o ricerche plastiche e cromatiche.
Le possibilità tecniche potranno essere sia tradizionali che sperimentali e in tecnica mista, utilizzando le metodologie antiche oppure nuove tecniche.»

Dunque tutti a Schio “presso lo storico Palazzo Fogazzaro” da gennaio a febbraio 2014 (presumibilmente).


lunedì 12 agosto 2013

DILETTANTE-MENTE

Nel mese di Febbraio di quest’anno la Casa Editrice Adelphi ha pubblicato “Goethe muore”, una raccolta di quattro racconti di Thomas Bernhard tradotti da Elisabetta Dell’Anna Ciancia (pp. 111, € 11,00).
Si riportano di seguito alcuni stralci dal racconto “Incontro” (pp. 68 – 71, 87, 88 - 89).
Purtroppo a causa della frammentazione dei brani citati si perde la scansione ritmica che caratterizza la scrittura narrativa di Bernhard, ma qui interessa per l’ironico riferimento a un certo atteggiamento dilettantesco che più volte è stato rilevato soprattutto in alcuni commenti e ci sembra un’ideale lettura in questa mezza estate così meteorologicamente contraddittoria.


Richard Müller
DER KÜNSTER – AFFE, EINEN MARABU MALEND (L'artista - Scimmia che dipinge un marabù), acquaforte 1924.


«… papà suonava la tromba perché suo padre aveva suonato quella stessa tromba. E siccome suo padre quando andava in alta montagna disegnava, anche mio padre in alta montagna disegnava sempre, e aveva sempre nello zaino un blocco da disegno. Come Segantini, diceva sempre, come Hodler, come Waldmüller. Si sceglieva la cima di una rupe e ci si sedeva in modo da avere il sole alle spalle e disegnava. Alla fine avevamo tutte le stanze della casa piene di suoi disegni, non c’era più uno spazio libero, centinaia, se non migliaia di vedute d’alta montagna avevamo in casa, per non essere costretto a guardarle ero costretto a tenere gli occhi continuamente fissi al pavimento, ma questo alla lunga mi faceva impazzire, ho detto. Centinaia di volte ha disegnato o dipinto ad acquerello l’Ortles, centinaia di volte le Tre Cime di Lavaredo e sempre daccapo il Monte Bianco e il Cervino. I grandi maestri, diceva sempre, dipingono o disegnano sempre gli stessi soggetti. Sono grandi solo perché disegnano e dipingono sempre gli stessi soggetti.  Ma quello che dipingeva mio padre era disgustoso, ho detto. Il talento di suo padre, mio nonno, si era in lui totalmente atrofizzato, ma questo non gli impediva di degenerare in una mostruosa produzione di disegni e acquerelli. Il guaio era, ho detto, che molte associazioni culturali avevano allestito mostre con la sua produzione e che i giornali scrivevano solo bene dei suoi disegni e acquerelli, stimolandolo così a una produzione ancora maggiore. E in effetti il suo entourage era stato nel complesso sempre dell’opinione che lui fosse un artista, molti avevano continuato a dire che era un grande artista, e lui aveva finito col credere a quell’ignobile assurdità ed esisteva ormai in quella perniciosa illusione. Volendo dimostrare che cosa sia il kitsch, ho detto, basterebbe esibire un paio di quei disegni o acquerelli paterni. La mia casa è un’esposizione permanente della mia arte, diceva papà, e ogni due o tre settimane appuntava o incollava alle pareti altri disegni e acquerelli, in cantina ne aveva accumulati già a migliaia, ho detto. Io sono lo specialista dell’alta montagna, diceva lui di se stesso, sono ben oltre Segantini, ben oltre Hodler, la cui arte ho superato da un pezzo. Perfino in cucina aveva appeso tutti i disegni che aveva potuto, nella convinzione che proprio i vapori della cucina rendessero perfette le sue opere. Se per diverse settimane espongo le mie opere all’azione dei vapori di cucina, diceva, soprattutto nei mesi invernali e soprattutto nel periodo natalizio, questi fogli ci guadagnano enormemente in fascino.
[…]
Papà sciorinava i suoi disegni e acquerelli nella sua stanza e di ognuno di quei disegni e acquerelli io dovevo dire che cosa rappresentavano e che erano in assoluto i migliori. Se sbagliavo, incapace com’ero, malgrado tutta la buona volontà, di ricordarmi il cosiddetto modello naturale, lui andava su tutte le furie.
[…]
Tuo padre ha pubblicato tre volumi di poesie, ho detto, mio padre ha allestito tante mostre dei suoi disegni e acquerelli, i nostri padri credevano di cavarsela così, con il minimo sforzo, hanno voluto salvarsi aggirando per così dire il problema, da artisti della domenica, ma il conto non poteva tornare. Al contrario, con quei disegni e acquerelli e con quelle poesie, pubblicate per giunta, si erano resi volgari. Di questo si gloriavano, della loro volgarità, ho detto, e ancor oggi, benché siano morti da un pezzo, continuano a gloriarsene. Se a mio padre non riusciva uno dei suoi disegni, dava la colpa a me, ho detto, mi ero frapposto tra lui e la luce, diceva, o con una qualche parola che gli avevo rivolto avevo distrutto una sua intuizione, come era solito esprimersi lui. Comunque ero sempre e soltanto il distruttore della sua natura di artista. Il figlio è al mondo soltanto quale distruttore dell’artista che suo padre è, ha detto una volta mio padre, ti ricordi? ho detto. Dipingeva peggio di quanto non disegnasse, ho detto, come la mamma suonava la cetra così lui dipingeva e disegnava, niente affatto meglio, al contrario, eppure parlava continuamente della sua natura di artista, di quando in quando addirittura di una famiglia di artisti, e intendeva la nostra…»

giovedì 8 agosto 2013

XILOGRAFIA D’OLTREMANICA

Opere di Simon Brett e Anne Desmet  

(Dal Comunicato Stampa)
I protagonisti del tradizionale appuntamento estivo che il Museo della Stampa dedica alla grafica sono due tra i più conosciuti xilografi a livello europeo: gli inglesi Anne Desmet e Simon Brett. Le opere esposte sono una piccola parte della vasta produzione dei due artisti, che sono anche apprezzati illustratori, ma costituiscono un repertorio abbastanza efficace per coglierne le peculiarità dello stile e l’originalità dei soggetti. Entrambi hanno contribuito a mantenere viva la tradizione dell’incisione su legno fiorita in terra inglese che si caratterizza per essere “wood engraving”, ossia incisione a bulino su legno di “testa”, quello più difficile da lavorare che consente però di ottenere nella stampa non solo effetti chiaroscurali, ma anche pittorici.

AXE OF GOD
Simon Brett (classe 1943) è artista, storico e critico. È autore di “Wood Engraving - How To Do It”, edito nel 2000, e di “An Engraver’s Globe”, la più completa antologia degli xilografi nel mondo, apparsa nel 2002. È membro della “Royal Society of Painter-Printmakers” e della “Society of Wood Engravers”, editore a Oxford di “Multiples”, scrive regolarmente anche su “Printmaking Today” di Londra.
La principale fonte della sua ispirazione è la storia guardata e raccontata attraverso i grandi personaggi, il mito o le pagine della letteratura più colta. Marc’Aurelio e San Paolo, la Bibbia e i Nibelunghi, Puškin e Raleigh, la Magna Grecia e Keats, senza disdegnare la contemporaneità, la tragedia dell’11 settembre newyorchese e la solennità degli scorci londinesi.


BABEL TOWER
Anne Desmet (1964), membro della “Royal Academy of arts”, è stata direttore di “Printmaking Today”. I soggetti che predilige sono quelli del paesaggio arcaico e storico, ma anche urbano. L’Italia è una delle sue mete più frequentate: i Sassi di Matera, la Sicilia, gli scavi romani, templi, palazzi, panorami.
Così scrive Gianfranco Schialvino nella pagina critica al catalogo: “ Ma sono il gioco prospettico modulato con astute e ben calibrate aberrazioni (ci senti Paolo Uccello), le inquadrature inedite ora dall’alto ora con angolazioni ardite (c’è Piranesi), gli accostamenti dei brani che ricostruiscono e reinventano luoghi e periodi storici, a confondere torri civiche e di Babele (ecco Bruegel), stadi e arene, velodromi e piscine (c’è Muirhead Bone), fiori geometrizzanti, spirali ipnotiche e convessità artificiose (Edward Wadsworth e Maurits Cornelis Escher)”.

Sedi:
MONDOVÌ
Museo Civico della Stampa, via Misericordia 3
Antico Palazzo di Città, via Giolitti 1

Periodo:
dal 10 agosto al 15 settembre
Orario : 10 – 16
durante la 45^ Mostra dell’Artigianato ore 18.00 - 23.00
dal 17 agosto al 15 settembre venerdì- sabato-domenica ore 16.00-19.00

Ingresso alla Mostra gratuito

Catalogo stampato nella tipografia del Museo

Informazioni:
Telefono 0174 559256 e 0174 40389