martedì 13 dicembre 2016

IL CHIODO FISSO E LA CRESTA DELL'ONDA

V. Piazza
ONDA SU ONDA
acquaforte 2011
mm 190 x 240






Quando si ha un "chiodo fisso" tutto, dal più banale episodio della quotidianità al più tragico degli eventi globali, viene agganciato al quel chiodo.
Questo post nasce da un cortocircuito innescato da un vecchio post che prendeva spunto dalla e-mail di uno studente che, per far conoscere le proprie incisioni, invitava a visitare il proprio sito internet.
Un'incisione "È" un'incisione quando è stampata sulla carta e perciò è qualcosa di stabile e di tattile e potrei elogiare, ancora una volta, il piacere, anche erotico, di osservare, toccare e annusare una stampa.
Possiamo anche dire che le incisioni sono un piccolo monumento, sono qualcosa che si erge contro il tempo, sono come piccole piramidi di Cheope (sebbene anch'esse non durano nel tempo) che affondano nella sabbia del deserto che più le copre e più le protegge. Anzi, per restare nella metafora funeraria, direi meglio che oggi un'incisione è una pietra tombale che dice: qui giace, sepolta tra i segni, l'anima benedetta di Tizio o Caio (sempre che sia un'incisione nata dall'anima e non da un corso dell'Associazione PassaTempo) e sono ammessi gesti scaramantici.
Ognuno nella propria casa ha un piccolo cimitero di lapidi o di anime, perché l'anima non emigra da nessuna parte, sta dove c'è la sua lapide ed essendo l'incisione un oggetto duplicabile anche l'anima si è adattata alla duplicazione.
Invece un'incisione postata in rete cos'è? Un'incisione che si può vedere solo proiettata virtualmente, senza quel piacere tattile che ricordavo?
Avete provato ad annusare uno schermo?
Beh direi che è un essere insepolto poiché non c'è un sarcofago per le sue spoglie, non c'è un'urna per le sue ceneri e non c'è una lapide piantata a terra.
Un'incisione, e anche uno scritto come questo, solo in rete ricordano i morti annegati nel mare. Un mare (quello elettronico) che non è mai agitato, non ha tempeste, si stende immobile, ma inghiotte tutto. A volte un corpo si arena su una spiaggia insieme a tanti relitti di naufragi, ma si arena dove nessuno lo riconosce più.
In rete ci sono (ci siamo) solo cadaveri in decomposizione e naufraghi, tantissimi naufraghi, che per un po' restano (anzi restiamo, ma ancora per poco) vivi e parlanti; alcuni siamo imbarcati su delle scialuppe, ma non remiamo, è inutile perché è tanto grande il mare che ci si lascia portare dal vento e dalle correnti; spesso il flusso porta ad incontrare altri naufraghi, ci si scambiano dei segni, ci si saluta…
Poi anche le scialuppe si sfasciano e qualcuno per un po' vive ancora attaccato a qualcosa di galleggiante continuando a salutare, ma senza nessuno che possa prenderci a bordo.
Il mare è pieno di resti, anche di cose utili che qualcuno camminando sul litorale dopo una mareggiata recupera, ma noi naufraghi quando ci areniamo siamo già cadaveri.
Per concludere questa sconclusionata considerazione, niente vieta di mettersi in mare, scusate intendevo dire niente vieta di mettersi in rete, on line per dirla bene, con le proprie incisioni e la rete esercita tanta attrazione ed esaltazione appunto perché è come il mare dove chiunque ci si metta a bagno può galleggiare e se uno è stronzo galleggia anche meglio.
Però si sappia che, alla lunga, si annega e si muore; si può replicare che questo è un fatto che comunque non si può evitare e tanto vale, almeno una volta prima di morire, provare a brillare come sulla cresta di un'onda.

lunedì 12 dicembre 2016

FALSERÒ LA LEGENDA

Max Klinger
Die Schlange ( il serpente)
acquaforte e acquatinta 1898, mm 295 x 160









Ho iniziato a scrivere per me solo, certo, non perché io sia mai stato il mio unico lettore, ma perché scrivo per raccontare a me stesso, come se fossi un altro, le cose che penso, forse già con la segreta intenzione di trarne incitamento alla mia vaga volontà di non scrivere mai più: utopica ambizione di un uomo privo d'immaginazione come me.
Ormai l'assuefazione all'identità eteronima è tale che mi sono guardato allo specchio e non mi sono riconosciuto.
Il mio viso è solcato da una miriade di piccole rughe, avvicinandomi allo specchio per analizzarle meglio, mi sono reso conto che si tratta di segni. Sono i segni delle tante incisioni che ho osservato e analizzato con l'uso del contafili ad essersi tatuati sulla mia pelle.
Esprimendo con la scrittura il mio interesse per l'incisione sono diventato sensibile a complessità di cui non mi ero mai accorto prima.
Adesso devo prendere atto che è stato tutto uno sbaglio, un equivoco, un'incomprensione: questo non è il blog di un appassionato di incisioni che scrive di incisioni, come io credo di essere.
Non è il blog di un noto critico che qui può dire quel che gli obblighi sociali impongono non venga detto chiaramente, o del professore serioso che nel blog ritrova il senso dell'ironia, come gli altri sospettano che io sia.
Questo blog è la sublimazione dell'essere io stesso un'incisione e in parte, in cattiva parte, ci sono riuscito.
Una spessa lastra di rame dove è possibile leggere tutti gli interventi: incisa all'acquaforte, ritoccata a brunitoio e bulino…
Il problema è che da questa lastra non è mai stata tratta alcuna prova di stampa, ma non si creda che per il fatto di non essere stato stampato il mio essere lastra sia un emerito niente, al contrario la mia tiratura è come sospesa sopra l'arte universale.
Come qualunque acquaforte, mediamente ben fatta, sono tutto necessità, basto a me stesso, sono tecnica e contenuto.
Mi è venuto da pensare a quello che diceva Baudelaire: che il vero eroe è chi si diverte da solo, ma io non sono solo, sono sottomesso a quel tormentato tiranno, a quel "Grande Fratello" insonne, onnisciente e onnipresente che giudica e condanna senza concedere attenuanti.