martedì 23 giugno 2015

ESCHER E IL BIDÈ


















Credetemi, vi prego di credermi: la mia intenzione era di presentare il nuovo spazio espositivo di Palazzo  Albergati a Bologna ed illustrare le soluzioni espositive adottate per l'allestimento della mostra su Escher.




Credetemi, vi prego di credermi: mi ero imposto di non commentare la denominazione di "Art Experience" scelta per caratterizzare la "mission" di Palazzo Albergati.

 








Credetemi...,
durante la visita, giusto ieri pomeriggio, ho percepito il segno di una possibile epifania, quando trovandomi nella necessità di dover utilizzare i servizi igienici, ho scoperto che era stato installato anche il bidè. Poiché è perfettamente chiara la sua funzione occorrerebbe che qualcuno spiegasse la necessità di un bidè nel WC pubblico di uno spazio espositivo.

Forzatamente inclusa nel costo del biglietto d'ingresso, del quale allego copia, c'era l'audioguida ed ero ancora disposto a far finta di non aver sentito dalla  voce della speaker che Escher per incidere i sottilissimi segni su legno "di testa" usasse le "sgorbie", ma quando il concetto è stato ribadito dalla diretta testimonianza del curatore della mostra, che spiega anche in cosa consiste la tecnica della litografia, ho capito che dovevo rinunciare 









alle mie velleità di recensore (mi limito a poche immagini senza commento) così mi sono seduto, ho riascoltato la registrazione un paio di volte e l'ho trascritta incredulo:
«La litografia è una incisione che si fa su pietra, come dice il nome, che sfrutta la diversa acidità degli inchiostri i quali non si mescolano insieme e permettono appunto, per questo motivo, di avere una vasta gamma di grigi».

Dalla diretta voce di Marco Bussagli registrata nell'audioguida della mostra di Maurits Cornelis Escher prodotta da Arthemisia Group con il patrocinio del Comune di Bologna in collaborazione con la Fondazione Escher, scordavo che figura anche un altro curatore Federico Giudiceandrea (proprietario di diversi pezzi in mostra): questa la lista degli indiziati tra i quali c'è di sicuro l'assassino e almeno un complice.
Anche a cumulare ignoranza, presunzione, balordagine e demenza sarebbe comunque difficile architettare una simile castroneria, in compenso forse si spiega il nesso tra "Art Experience" e l'istallazione del "Bidè".




domenica 7 giugno 2015

IN MANCANZA...

Nel post precedente si evidenziava che due grosse mostre recenti (Klinger a Bologna e Rouault a Milano) sono state allestite interamente con opere provenienti ciascuna da un'unica collezione privata.
Occorre far notare che i proprietari delle opere in mostra, in ambedue i casi, si possono considerare dei collezionisti "autentici" per distinguerli dagli "accaparratori", ma inoltrarci nella distinzione adesso ci porterebbe fuori strada.
Forse quando si tratta di artisti stranieri le collezioni pubbliche italiane non posseggono sufficienti opere, ma ho il sospetto che anche per i "grandi" incisori italiani una collezione pubblica nazionale avrebbe difficoltà ad allestire una mostra. Potrei essere subito smentito con i nomi di Piranesi, Morandi, Bartolini e qualche altro nome lo potrebbe aggiungere la Biblioteca Panizzi di Reggio Emilia che accogliendo le donazioni dei "101 esemplari" opera di certo bene e che si tratti di artisti concittadini ha una sua coerenza; del tutto immobile pare l'Istituto Nazionale della Grafica di Roma che forse con i cambiamenti di denominazione ha perso anche il senso della sua esistenza, tuttavia se si aggiungessero altri artisti e altre istituzioni, con fondi di almeno cento opere, sarei ben felice di essere smentito perché ho invece raccolto testimonianze di difficoltà, sospetto, diffidenza, snobismo con cui i responsabili delle raccolte pubbliche italiane accolgono (ovvero rigettano) le proposte di donazioni da parte di artisti ed eredi.
Perché?
Perché non vi sono spazi adeguati per custodire i fogli (e non vi sono fondi)?
Perché comporta poi uno scocciante lavoro di classificazione (e non vi sono fondi)?
Perché chi dona si aspetta in compenso un adeguago catalogo (e non vi sono fondi)?
Perché non si sa valutare se l'artista meriti di far parte della collezione (e...)?
Perché è la sola occasione per i burocrati dirigenti di far sentire la propria autorità (e... Eh)?
...?
Se queste sono le cause a me nessuna, soprattutto la mancanza di "fondi", sembra abbastanza valida, ma, di fatto, ne basta solo una per bloccare ogni iniziativa.
Quindi, in attesa dei fondi, eterna gratitudine ai piccoli e grandi collezionisti (autentici).

P.S.
Sono consapevole che accettare una qualunque proposta di donazione darebbe la stura ad una incontenibile valanga di fogli perché tutti tengono a far parte di una collezione pubblica (fa "curriculum"), allora azzardo un piccolo suggerimento ai resposabili delle collezioni pubbliche italiane che potranno attribuirsene la paternità, o la maternità: programmare, con una periodicità che consenta agevolmente di classificare le opere e caricarle in una apposita voce del sito internet (se proprio non c'è un centesimo per una pubblicazione a stampa), la richiesta di una donazione direttamente agli artisti ritenuti validi.
Immagino già le prime obiezioni:
chi sceglierà gli artisti da invitare? Occorrerà una commissione?... Perché un artista noto/affermato/con un mercato dovrebbe privarsi delle opere del proprio archivio?...
Se mai si arrivasse ad attuare una proposta simile non faremo mancare eventuali osservazioni.