domenica 7 giugno 2015

IN MANCANZA...

Nel post precedente si evidenziava che due grosse mostre recenti (Klinger a Bologna e Rouault a Milano) sono state allestite interamente con opere provenienti ciascuna da un'unica collezione privata.
Occorre far notare che i proprietari delle opere in mostra, in ambedue i casi, si possono considerare dei collezionisti "autentici" per distinguerli dagli "accaparratori", ma inoltrarci nella distinzione adesso ci porterebbe fuori strada.
Forse quando si tratta di artisti stranieri le collezioni pubbliche italiane non posseggono sufficienti opere, ma ho il sospetto che anche per i "grandi" incisori italiani una collezione pubblica nazionale avrebbe difficoltà ad allestire una mostra. Potrei essere subito smentito con i nomi di Piranesi, Morandi, Bartolini e qualche altro nome lo potrebbe aggiungere la Biblioteca Panizzi di Reggio Emilia che accogliendo le donazioni dei "101 esemplari" opera di certo bene e che si tratti di artisti concittadini ha una sua coerenza; del tutto immobile pare l'Istituto Nazionale della Grafica di Roma che forse con i cambiamenti di denominazione ha perso anche il senso della sua esistenza, tuttavia se si aggiungessero altri artisti e altre istituzioni, con fondi di almeno cento opere, sarei ben felice di essere smentito perché ho invece raccolto testimonianze di difficoltà, sospetto, diffidenza, snobismo con cui i responsabili delle raccolte pubbliche italiane accolgono (ovvero rigettano) le proposte di donazioni da parte di artisti ed eredi.
Perché?
Perché non vi sono spazi adeguati per custodire i fogli (e non vi sono fondi)?
Perché comporta poi uno scocciante lavoro di classificazione (e non vi sono fondi)?
Perché chi dona si aspetta in compenso un adeguago catalogo (e non vi sono fondi)?
Perché non si sa valutare se l'artista meriti di far parte della collezione (e...)?
Perché è la sola occasione per i burocrati dirigenti di far sentire la propria autorità (e... Eh)?
...?
Se queste sono le cause a me nessuna, soprattutto la mancanza di "fondi", sembra abbastanza valida, ma, di fatto, ne basta solo una per bloccare ogni iniziativa.
Quindi, in attesa dei fondi, eterna gratitudine ai piccoli e grandi collezionisti (autentici).

P.S.
Sono consapevole che accettare una qualunque proposta di donazione darebbe la stura ad una incontenibile valanga di fogli perché tutti tengono a far parte di una collezione pubblica (fa "curriculum"), allora azzardo un piccolo suggerimento ai resposabili delle collezioni pubbliche italiane che potranno attribuirsene la paternità, o la maternità: programmare, con una periodicità che consenta agevolmente di classificare le opere e caricarle in una apposita voce del sito internet (se proprio non c'è un centesimo per una pubblicazione a stampa), la richiesta di una donazione direttamente agli artisti ritenuti validi.
Immagino già le prime obiezioni:
chi sceglierà gli artisti da invitare? Occorrerà una commissione?... Perché un artista noto/affermato/con un mercato dovrebbe privarsi delle opere del proprio archivio?...
Se mai si arrivasse ad attuare una proposta simile non faremo mancare eventuali osservazioni.

15 commenti:

  1. La volta che ho proposto una donazione di mie opere ho provato la sensazione di chiedere l'elemosina: non l'ho più fatto. Chiederò che vengano cremate insieme alle mie spoglie mortali.

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    1. Se dovessi lasciare le mie opere non saprei quale istituzione scegliere perchè fin ora nessuna ha dimostrato di poter mantenere l'impegno di valorizzare una significativa donazione.

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  2. Non so cosa si intenda per collezionista "autentico", di certo appartengono alla categoria degli "accaparratori" tutti coloro che chiedono opere in dono prospettando mostre e/o pubblicazioni.

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    1. Soprattutto fare attenzione, perchè continua a provarci con tutti, a quel petulante che telefona chiedendo opere per la sua collezione di grafica e intercessioni presso gli eredi.

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    2. ATTENZIONE l'accaparratore al quale qui si allude è tornanto alla carica chiedendo lavori per una pubblicazione di ex libris.

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  3. Artisti e collezionisti vivono la stessa ansia per il futuro delle loro opere.

    In mancanza di eredi che ne sarà dopo? Che siano custodite da una istituzione pubblica viene visto come una possibilità per sottrarre le opere alla dispersione e se stessi all'oblio.

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    1. Il problema non è la mancanza di eredi, ma l'eventuale erede sarà in grado e, soprattutto, avrà voglia di accuparsi dell'eredità del parente artista o collezionista?

      È molto alto il rischio che la gran quantità di fogli sia considerata solo un inutile ingombro e tutto si risolverebbe facilmente (per l'erede) se le opere fossero di facile commerciabilità, ma è proprio questa dispersione che si vorrebbe scongiurare depositando le opere in una collezione pubblica.

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  4. Non so se i "perché" sono quelli elencati nel post, so che due anni fa ho proposto una donazione alla nota raccolta e mi sarei dovuto recare a Milano per incontrare il conservatore, poiché non mi era possibile intraprendere il viaggio mi è stato comunicato dall'impiegata che sarei stato contattato telefonicamente dal conservatore (che era una "lei") dopo un paio di solleciti ho lasciato perdere, ovviamente non mi ha mai telefonato.

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  5. Su questa strada si potrebbe andare avanti a lungo elencando delusioni e fallimenti, invece propongo a chi ne sia a conoscenza di segnalare un esempio virtuoso di collezione pubblica che abbia ben recepito e valorizzato una donazione.

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    1. Proposta caduta nel vuoto perché in Italia le possibilità sono solo quelle di Milano, Roma, Reggio Emilia e Bagnacavallo. Pare che nessuna abbia un programma di acquisizioni.

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  6. Nei musei italiani è prevista la figura del "fiduciario"? Cioè un consulente esterno al museo esperto di uno specifico campo? Mi risulta che il gabinetto delle stampe di un importante museo straniero, tramite il suo "truster" per l'incisione italiana, abbia chiesto ad alcuni artisti una donazione di opere.

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    1. Ma il curatore o il conservatore o il direttore..., qualunque sia la denominazione, di un gabinetto o raccolta di stampe non dovrebbe essere di per sé un esperto del campo?

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    2. In Italia NO !

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    3. Ma con la presunzione di esserlo, o, peggio, con l'arroganza dell'ignoranza.

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  7. Mi dico che se il lavoro svolto è stato di qualità qualcosa resterà comunque, a prescindere da "Istituto Centrale", "Civica Raccolta" e "Gabinetti"..., in caso contrario è meglio che non resti traccia, ma la convinzione vacilla.

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