lunedì 15 luglio 2013

ANCORA SULLE BIENNALI

 Giancarlo Vitali (Bellano 29/11/1929)
LA “COPPA VENINI”, 1984. Acquaforte 250 X 230





A sostegno autorevole della tesi espressa disorganicamente nel precedente post, si riporta uno stralcio del testo scritto da Paolo Bellini per il catalogo della prima “Biennale di Olzai”.
L’idea di incisione del Professor Bellini è ben nota e anche nel testo in catalogo non manca di evidenziare le proprie preferenze, ma per quanto riguarda le considerazioni generali risultano ispirate da una lucida visione dell’attuale situazione ed espresse con l’abituale chiarezza e incisività.
Non c’è nulla dei toni enfatici e trionfalistici che caratterizzano le presentazioni di analoghe iniziative e la segnaliamo ritenendola, probabilmente, la presentazione più intellettualmente onesta che può capitare di leggere.


«Di fronte alla nascita di una nuova Biennale di grafica, come è appunto quella di Olzai, è legittimo e doveroso chiedersi quale ne sia il senso. Per Olzai in particolare, ma anche in genere, estendendo la domanda alle altre numerose Biennali che hanno luogo in Italia. La risposta più ovvia e più logica è che una Biennale debba e voglia presentare al pubblico e alla critica soprattutto due aspetti: una valorizzazione del proprio territorio e insieme uno spaccato, dove più e dove meno veritiero, della situazione della grafica italiana in quel momento, una sorta di panoramica della produzione contemporanea ritenuta migliore.
Sulla promozione del territorio non vi è dubbio che un’iniziativa come quella avviata dal Comune di Olzai recherà qualche effetto positivo. Se poi dobbiamo considerare le opere presentate come uno spaccato dell'arte grafica contemporanea, emergono allora alcune considerazioni interessanti. A livello generale si può dire che la maggior parte delle opere ammesse alla manifestazione rientrano nell'ambito del figurativo, con poche e non significative eccezioni. Varie poi e con marcate differenze si mostrano le cadenze stilistiche proprie di ciascun artista. A livello molto sintetico e generale è parso che vi sia un gruppo di incisori che mostrano nei propri lavori una maestria tecnica e mimetica di grande spessore, replicando del resto una prassi che da anni perseguono nel loro lavoro: opere certo ammirevoli e ammirabili, ma che non superano la soglia di una raffinata, esperta e consumata abilità tecnica, specie quando scelgono particolari dove tale perizia può essere meglio mostrata, come la luce di una lampada o le pieghe di un tessuto.
In altri invece si è avuto modo di leggere un soffuso e insistente richiamo a una visione che sconfina dal mondo visibile e riproducibile verso una dimensione fantastica, nel tentativo, spesso riuscito, di creare con la propria opera un’allegoria.
[…]
Se queste ottanta opere volevano essere uno spaccato della produzione dell’arte grafica contemporanea, come si diceva più sopra, ebbene, direi che lo sono, anche se, onestamente, va riconosciuto che alcuni dei lavori presentati sono un po’ troppo "datati" e in futuro sarà opportuno porre dei termini più chiari in tal senso. Naturalmente non tutti possono ritenersi d’accordo con l’opinione che questa edizione della Biennale di Olzai sia rappresentativa della grafica che oggi si fa in Italia. È vero, hanno ragione. Da parte di diversi incisori si realizzano opere di tutt’altro tipo, si sovrappongono le tecniche, si mescolano i linguaggi, si punta a stupire. Ognuno è libero di fare l’arte che vuole. È una questione di qualità e forse anche di buon gusto.
Chiudo con un'osservazione che mi pare doverosa: questa Biennale, ideata da Enrico Piras e supportata intelligentemente dal Comune di Olzai, ha fra i tanti un merito: quello di non proporre vincitori, ma solo segnalati. Un modo intelligente per rispettare gli artisti e per ribadire che un concorso artistico differisce di molto da una gara podistica o ciclistica.»

20 commenti:

  1. Min....a! Ma questo può rappacificare "Morsura Aperta" con la "Biennale di Olzai".

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    1. Mi sembra invece che tale visione sia alquanto limitata, a partire dal fatto che non si vogliano esporre opere non figurative. Appunto, ognuno fa l'arte che vuole, ma non sempre per stupire, come pensa l'esimio professore dei "paesaggini melensi". Ma pensate, qualcuno sovrappone persino le tecniche !!! Ora capite perché l'incisione italiana è così arretrata ? Finché ci saranno tali curatori e critici d'arte (non "storici", perché altrimenti avrebbero capito che tutta la storia dell'arte è fatta di nuove scoperte e ricerca di vie nuove), con schiere di hobbisti ai loro piedi, non ci potrà essere evoluzione. E' sempre la stessa minestra riscaldata, propinata a un pubblico assuefatto, convinto che esista solo questo genere d'incisione !

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  2. Solo la presunzione e il pregiudizio possono far ritenere che le opere non figurative rappresentino “poche e non significative eccezioni”.

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    1. Ritengo che il giudizio vada riferito alle specifiche opere in mostra e a me appare fin troppo diplomatico perché magari gli artisti sono migliori di quanto appaiano dalle opere che avevano scelto di presentare che, sinceramente, erano veramente “poco significative” tanto per ribadire l’eufemismo.

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  3. Ho sempre condiviso l'abolizione del premio nei concorsi. Essere invitati, è, o non è un premio? Senza mettere in palio alcun premio, senza inviti specifici, perchè non fare la stessa cosa alle biennali di Acqui Terme?

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    1. Perché così fa più “audience”. Dai tempi dei gladiatori alla gente piace veder scorrere il sangue. Ridimensionando le circostanze si ritiene che il gran numero di partecipanti e il gran numero di esclusi sia sinonimo di prestigio e bisogna ammettere che il gossip su Tizio ammesso e Caio trombato attrae.
      I filmati in rete mostrano chiaramente con quanta disinvoltura la giuria procede alla selezione sotto lo sguardo vigile degli organizzatori per garantire l’ammissione dei nomi che interessano.
      Si ritiene che l’attrattiva sia il cospicuo montepremi, invece è il catalogo fatto bene e la partecipazione gratuita, così noi artisti (sempre in cerca di una qualche visibilità) partecipiamo numerosi senza renderci conto di avvalorare il gioco dell’esclusione.
      Il sistema entrerebbe in crisi solo se calasse improvvisamente il numero dei partecipanti.

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  4. Si continui pure a discutere finché si vuole, però, per carità… basta parlare di Olzai.

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    1. Hai ragione cara Cassandra. Vogliamo parlare di Bassano del Grappa? Cambia forse qualcosa? Una vera nicchia. A Bassano del Grappa la prima Edizione è stata fatta a invito, le altre, più democraticamente hanno esteso libera partecipazione fino a Lampedusa e si sono trovati in un vero imbarazzo dovendo scegliere fra chi aveva più "lungo"....Curriculum e prestigiosi titoli. Il catalogo? Un vero esempio di Stitichezza, come direbbe il nostro vero Onorio. E non sono il solito invidioso. Non vivo di queste cose.

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    2. Però qualcosa cambia, almeno sul piano della coerenza. Perché Olzai (scusa Cassandra) è frutto di precise scelte, discutibili finché si vuole, ma consapevoli e coerenti; a Bassano del Grappa prima fanno gli inviti “Urbi et Orbi” e poi ogni volta tirano fuori a sorpresa un qualche criterio discriminatorio che a saperlo prima si evitava di partecipare.

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  5. Insomma decidetevi!
    La mostra, tipo Olzai, non va bene perché s’invitano solo alcuni e sempre gli stessi;
    il concorso a premi aperto a tutti, tipo Acqui Teme, non va bene perché sa troppo di “gara ciclistica”.
    Come dovrebbe essere la Biennale d’Incisione Ideale?
    Qualcuno ha una proposta fattibile che non scontenti troppo?

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  6. Le mostre di incisione, come tutte le altre mostre nel mondo, sono fatte per essere criticate nel bene o nel male. Ciascuno le organizzi con i criteri che ritiene migliori, saranno i fatti a dargli ragione o torto.

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    1. A me piacerebbe una mostra che non fosse solo l’insieme delle opere di Tizio, Caio e Sempronio, ma che esprimesse una qualche idea.
      Renato

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  7. Sono d’accordo con Renato: una mostra è qualcosa di più e di diverso della sommatoria delle singole opere che, pur avendo una qualità prese singolarmente, potrebbero non costruire un insieme significativo.
    Si veda la prima mostra dell’Associazione Incisori Contemporanei cha alla prima verifica pratica tradisce tutte le strombazzate enunciazioni teoriche sui principi associativi.
    Alcuni fogli splendidi perché di chi da sempre non sbaglia un segno; si è tentata la coerenza geografica (copiando Olzai? Tanto per non parlarne ancora), ma niente di nuovo, tutto già visto in un allestimento da sala parrocchiale.

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    1. Concordo con Anonimo Emiliano riguardo alla prima mostra dell'Associazione incisori contemporanei "Sgorbie, acidi e bulini", dalla quale ci si attendeva qualcosa di meglio, dopo i roboanti annunci iniziali. Invece (lasciamo perdere il Regno Sabaudo), povertà di idee e di tecniche, le solite cartoline in bianco e nero rappresentanti i soliti paesaggi e nature morte. Insomma, nessuna novità in vista. Di tale mostra non se ne sentiva il bisogno, a parte la dedica a Giacomo Soffiantino. La nuova Associazione sembra un prolungamento dell'agonia degli ex Incisori Veneti. Speriamo di doverci ricredere in futuro.

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    2. La concezione generale dell’associazione e questa prima mostra evidenziano tutti i limiti e le contraddizioni che erano state rilevate nei commenti al post “Dialogo su una nuova associazione”. Un presidente che concepisce l’associazione solo come un passa tempo, avendo dimesso la precedente attività di gallerista, dovrebbe prima sottoporsi ad una radicale autocritica sulla propria idea di “associazionismo” per riuscire ad organizzare qualcosa di meglio. Peggio mi sembrano gli artisti che gli hanno dato credito.

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  8. Non è che me ne freghi un cazzo, ma dobbiamo intendere che quella di Caerano era la mostra di presentazione della tanto strombazzata nuova associazione nazionale? E gli altri? A turno?

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  9. Ritengo inammissibile l’assoluta mancanza di considerazione di alcuni commenti per quella che già al suo nascere si configura come la principale associazione nazionale di incisori.

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    1. Ah “principale associazione”, altro che “contemporanei” alla prima uscita non avete trovato di meglio che riproporre il Regno di Piemonte e Sardegna. Incassate le critiche e alla prossima cercate di far di meglio in America, come anticipato, se ci andate o a “ Quel Paese” se ci vi mandano.

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  10. Non so come si sia finiti a discutere ancora di associazioni anche in questo post, evidentemente l’argomento interessa. Quello che non capisco è come alcuni individui abituati a farsi solo ed esclusivamente i propri interessi di artisti o galleristi, posano ritrovarsi in una associazione e pensare anche di dirigerla con spirito comunitario. Forse sono io ad avere un idea sbagliata dell’associazionismo o forse sono loro a confondere associazione con impresa.

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    1. Una "impresa" in cui investo larghissima parte del mio tempo e ci rimetto di tasca mia per la mia passione per il mondo dell'incisione. Può darsi che non lo faccia benissimo, ma ci provo. Potrei godermi l'ottima pensione e invece provo a fare qualcosa di pratico per l'incisione italiana.
      La galleria era nata con lo stesso intento e con la speranza di passare la stessa passione a mio figlio (quest'ultimo intento non riuscito). Abbiamo poi chiuso perchè mio figlio ha deciso di fare altro e per problemi economici (altro che "propri interessi"...), ma sono stato comunque contento di aver contribuito a far conoscere alcuni giovani emergenti con mostre da cui non ricavavo un centesimo, ma ci mettevo di mio. Il miglior modo per non sbagliare nulla è senza dubbio quello di non fare nulla.
      Saluti,
      Luciano Rossetto

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