lunedì 1 luglio 2013

SULLE BIENNALI

Leonardo Castellani (Faenza 1896 – Urbino 1984)
GLI IMBALSAMATI
acquaforte, 1935 mm 227x 360








Al loro primo apparire il senso delle rassegne che ancora oggi chiamiamo “Biennali” era quello di presentare uno spaccato della situazione dell’arte in quel dato momento, una ricognizione della produzione contemporanea ritenuta migliore.
La crisi di questa concezione esplode a partire dagli anni novanta del Novecento con l’inflazione di mostre biennali che hanno scardinato il modello dall’interno sostituendolo col concetto di mostra “a tesi”.
Il responsabile, che inizia a chiamarsi “curatore”, individua una tematica, o una tesi appunto, e sceglie di presentare quegli artisti e quelle opere che ne siano la “dimostrazione”.
Massimiliano Gioni, curatore della 55ª Biennale in corso a Venezia, in un’intervista pubblicata nel numero 300 di “artedossier” dichiara che «Non esiste un formato sclerotizzato di biennale, al contrario credo che ci sia libertà, una biennale può essere qualsiasi cosa… Si parla di biennali solo per riferirsi a un formato che avviene ogni due anni».
Se così “È” nel mondo dell’arte contemporanea, così “NON È” nel mondo dell’incisione italiana contemporanea, o meglio non lo è ancora anche se qualche tentativo è stato fatto.
qualunque rassegna che, oggi, tenti di applicare l’originario principio di presentare una panoramica dell’arte incisoria del momento, è condannata in partenza a non riuscire a presentare nulla di nuovo per i motivi che nel post “J’e accuse” sono già stati argomentati.
Il problema è intricato perché è in crisi il sistema, è in crisi il mercato, sono in crisi gli artisti incisori…
Non si vuol sostenere che il principio della mostra “a tema” sia, di per sé, la panacea in grado di assicurare la buona riuscita, tuttavia appare evidente la necessità per i curatori delle prossime rassegne d’incisione di rivederne l’impostazione, iniziando con l’assumersi il rischio di proporre nomi se non “nuovi” almeno “diversi”, forse per alcuni artisti consolidati non essere più invitati può costituire un qualche incentivo a rimettersi in discussione?
La frecciatina è avvelenata, me ne rendo conto, ma non è tempo di ipocrite accondiscendenze.
Altro che “continuità”!
C’è stato un surplus di “quantità” ora è indispensabile che tutti i soggetti coinvolti si mettano al lavoro per elaborare “nuova qualità”, altrimenti possono continuare a fare gli imbalsamatori, ma i fatti dimostrano che non c’è tutta questa domanda di uccelli impagliati.

7 commenti:

  1. Le considerazioni degli ultimi post che vorrebbero essere d’incitamento, le trovo stucchevoli e inutili parole nel vento. Tutti quanti (curatori, critici, artisti…), prima che alla qualità complessiva di un’iniziativa, puntano al proprio interesse e alla propria visibilità: peggio per chi non sa promuoversi adeguatamente.

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  2. Sembra quasi che si auspichi una qualche forma di tutela per coloro che snobbano le associazioni e si atteggiano ad appartati. Sono contrario alle “quote rosa” in politica e sono contrario ad ogni forma di agevolazione per gli sfigati che non sanno affermarsi artisticamente.

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  3. Mi riesce difficile credere che un artista possa esprimersi così duramente nei confronti di altri artisti come nei commenti precedenti che sembrano più delle provocazioni per screditare il blog.

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  4. Si fa presto a dire “nuova qualità”, invocarla a parole sono capaci tutti caro ciarlatano delle morsure, ma concretizzarla in immagini è ben altro impegno.

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  5. A meno che l’attività artistica non sia stata prescritta dallo psichiatra a scopo terapeutico, non c’è nulla che imponga di continuare a fare incisioni se non si ha nulla da esprimere o se non c’è già un acquirente per la tiratura.
    Ciascuno si chieda se l’incisione alla quale sta lavorando (ma il ragionamento vale per qualunque altra forma d’arte) sia espressione di un qualcosa, oppure, per riprendere il paragone del post, non si stia imbalsamando l’ennesimo paesaggio o qualunque altro soggetto.
    R.R.

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  6. Difficile da digerire per gli artisti, ma credo sia da intendere in termini relativi perché anche Picasso ha “imbalsamato” non pochi soggetti quindi il problema non è qualche “uccello impagliato” nella propria “opus list” ma l’atteggiamento generale rispetto alla concezione dell’arte.

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    1. Non si tratta di concezione dell'arte in senso lato, ma quella di una soggettiva visione interiore del mondo, che esprime una personalità, il vero se stesso, così terribilmente difficile da realizzare perché continuamente condizionato dagli altri, dalla società, da pregiudizi, da ideologie, da religioni, da "uccelli impagliati", ecc. ecc.

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