L'attenzione delle riviste d'arte italiane verso l'incisione è
praticamente inesistente. Sporadicamente se ne ricorda "Artedossier"
(un precedente articolo lo avevamo commentato in un post del Dicembre 2012),
nel numero 319, Marzo 2015, nella rubrica "Studi e Riscoperte",
Francesca Di Gioia svolge una dotta lettura de "Il sogno di
Raffaello" inciso da Marcantonio Raimondi intorno al 1508. L'articolo
affronta l'incisione del "Bolognese" da un punto di vista
esclusivamente interpretativo, non si
addentra in questioni di tecnica e di “linguaggio”, ma individua interessanti
riferimenti iconografici, pertanto ne segnaliamo la lettura arricchita di
immagini di riferimento.
NUDE IN RIVA AL FIUME
di
Francesca Di Gioia
Se la fortuna critica di Marcantonio Raimondi, detto il Bolognese,
si presenta in modo frammentario, ci raggiungono invece notizie per intero su
un particolare momento della sua produzione grafica: quella delle stampe
"d'après" Raffaello Sanzio. Tale attività si colloca cronologicamente
negli anni romani del lavoro imprenditoriale del Baviera, con il quale
Marcantonio collabora fattivamente in qualità di primo incisore. È grazie a
questa impresa che nasce una bottega di incisori molto attiva nella Roma di
Giulio II prima e di Leone X poi, a cui Raffaello "mamu propria"
affida fogli da tradurre a stampa.
A raccogliere la fiducia incondizionata dell'Urbinate
arriva a Roma il Bolognese, dopo una formazione a seguito de! maestro
niellatore Francesco Francia, un breve soggiorno nella Serenissima e un
passaggio da Firenze. È il concittadino Jacopo Ripanda, impegnato a Palazzo dei
conservatori (Roma), a segnalargli la possibilità di ricevere commissioni
prestigiose nella città che aveva già attratto a sé un altro bolognese, l'eccentrico
Amico Aspertini che lavora in Campidoglio, gomito a gomito proprio con Ripanda.
Arrivato a Roma, anche Raimondi non perde tempo e, dopo aver riprodotto a
bulino un trionfo all'antica ispiralo al ciclo di Ripanda, viene chiamato da
Raffaello. Grazie alla maestria tecnica e al suo indiscusso talento artistico,
i fogli del Sanzio vengono tradotti dando vita a un'operazione sistematica di
diffusione di modelli iconografici.
Marcantonio Raimondi, IL SOGNO DI RAFFAELLO, 1508 circa
|
Oggetto del nostro studio è la stampa Il sogno di Raffaello che
la critica attribuisce agli anni vissuti
da
Marcantonio a Venezia e dunque a ridosso del soggiorno romano. IL sogno
sarebbe "nato" da suggestioni lagunari, negli anni in cui
Giovanni Bellini Tenta di metter fine al Festino degli dei per il
camerino di Isabella d'Este e Giorgione è sui ponteggi del Fondaco dei tedeschi
aiutato nell'opera da un apprendista cadorino, tale Tiziano Vecellio. Di
quest'ultima impresa rimane un saggio di inestimabile valore, nel lacerto di
affresco conservato a Venezia, noto come La nuda: delle Gallerie
dell'Accademia, facente parte di un ciclo ormai perduto, terminato nel 1508
circa. Il pittore di Castelfranco Veneto, in quegli anni, aveva messo su tela La
ninfa dormiente (delta anche La nuda) di Dresda, ultimata da
Giorgione e Tiziano, LA NINFA DORMIENTE, Olio su tela, 1507-151 circa, 108,5×175 cm
Gemäldegalerie Alte Meister, Dresda
|
Tiziano tra il 1508 e il 1512, che ha legami
strettissimi con la Nuda nel paesaggio incisa a puntinato da Giulio
Campagnola, entrambi i pezzi mollo vicini alla sensualità femminea delle donne
addormentate del Raimondi.
Giulio Campagnola, NUDA NEL PAESAGGIO, 1482 circa |
La stampa di Marcantonio dunque si colloca a contatto con
quest'ambiente e con un altro stimolante snodo artistico che si viene a creare
nel primo decennio del Cinquecento tra Giorgione, negli anni della maturità,
Dürer al tempo del suo secondo soggiorno veneziano, e Jacopo de' Barbari,
misterioso artista che si firma con il caduceo, simbolo mercuriale ed esoterico
per eccellenza. Uno stimolante spunto nasce mettendo a confronto le opere che
si pongono ai vertici di questo "triangolo alchemico" e che sono le Nude
di Giorgione, la stampa con Il sogno del dottore di Dürer e
Albrecht Dürer,IL SOGNO DEL DOTTORE, 1498 circa |
Jacopo de' Barbari LA VITTORIA E LA FAMA, 1498 |
l'incisione a bulino con La Vittoria e la Fama di Jacopo
de' Barbari. In particolare, quest'ultima sembra essere una versione
"all'impiedi" delle due donne dormienti
sulla riva del fiume immaginate dal Raimondi, al quale sarebbe toccato
l'ingrato compito di ruotarle di novanta gradi in senso antiorario, di
adagiarle lievi su di una sponda e di coprirne qua e là le nudità; la soluzione
formale adottata è la medesima. Oltre a questa stampa nella produzione grafica
del de' Barbari si trovano altri esemplari affini alle nude dormienti. È questo
il caso per esempio della Vittoria adagiata tra i trofei che ripropone
la stessa posa discinta che utilizza il Raimondi per la sua musa pensata però in controparte.
Jacopo de’ Barbari, VITTORIA ADAGIATA TRA I TROFEI, 1498 circa |
Un suggestivo confronto stilistico si pone anche tra la nostra
stampa e una delle tavole xilografiche della Hypnerotomachia Poliphili di Francesco Colonna, raffinato prodotto letterario di
ambito
umanistico, editato a Venezia per i tipi di Aldo Manuzio nel 1499, raffigurante
Polifilo che visita con Polia il palazzo di Venere. In questa tavola la dea
dormiente appoggiata su un fianco, seminuda e ammirata da un satiro, ha
stringenti legami anche col Sarcofago Mattei di età severina (220 d.C.
circa) di cui daremo cenno. A tal fine proponiamo qui, non senza certezze
iconografiche, una traccia formale ben leggibile a fronte della stampa
remondiana. Da questa poi si farà riferimento anche a un probabile tema ispiratore
del soggetto della nostra stampa.
Copia del SARCOFAGO MATTEI,220 d.C. Museo della civiltà romana, Roma. |
Per quanto riguarda l'opera di Raimondi rispetto al Sarcofago
Mattei, il legame tra i due nasce dall'osservazione della scena con Marte e
Rea Silvia sulla parte destra del fronte di quest'ultimo murato lungo lo
scalone di palazzo Mattei a Roma (i fianchi del sarcofago sono
conservati nel Museo Pio Clementino dei Musei vaticani e contengono due
raffigurazioni: i gemelli allattati dalla lupa e il Tevere). Sul fronte del
sarcofago la vasca decorata ad altorilievo presenta l'incontro tra Marte e Rea
Silvia che, sorpresa nel sonno, una volta concupita dalla divinità resterà
gravida dei gemelli Romolo e Remo. La vestale, per giacere con Marte, avrebbe
lasciato la guardia del sacro fuoco del tempio, divenendo "rea"
dell'incendio divampato per incuria e di aver disobbedito al voto di castità.
Nel rilievo e nella stampa remondiana sono presenti diverse figure in pose
sovrapponibili: Venere a destra e Tellus sdraiata si affrontano nella
composizione marmorea, mentre nella stampa le due donne si pongono in posa
speculare con il fiume che corre indisturbato tra le due sponde della città. Le
annotazioni formali si rivelano stringenti nelle raffigurazioni femminili che
mostrano, in ambo le prove, un ventre scolpito e fianchi generosi, un busto
ampio con vita stretta e seni piccoli ma torniti; analogie che riscontriamo
anche nella capigliatura raccolta tutt’attorno alla testa che si libera sulle
spalle con un cascarne di composti boccoli nelle donne scolpite e incise.
Nell'incisione
si potrebbe persino ipotizzare la presenza di Marte in una versione allegorica,
nei panni di un mostro alato (il moscone in primo piano) dal chiaro simbolismo
fallico che volge dritto verso Silvia (la donna che è di fronte) pronta ad
accoglierne il fecondo seme.
Del sarcofago in oggetto esiste un disegno eseguito dalla bottega
di Pisanello tra il 1431 e il 1432, che ne testimonia una circolazione in area
padana, in piena temperie
Pisanello (bottega), FIGURE DEL SARCOFAGO MATTEI, Pinacoteca Ambrosiana, Milano |
rinascimentale come dimostrerebbe il legame iconografico con la Nuda
del Campagnola e le "nude riflesse" del Raimondi. Ciò
attesterebbe probabilmente la presenza dello stesso fronte marmoreo nella
disponibilità degli artisti del tempo, ancor prima che entrasse a far parte
della collezione Mattei della Villa celimontana al Celio. Inoltre l'incisore
bolognese non è nuovo a queste imprese legate alla traduzione a stampa di
sarcofaghi antichi e le connessioni tra l'arte del Raimondi e i rilievi del
mondo classico sono ormai del tutto acclarati dalla critica. I riferimenti del Sogno
di Raffaello al Sarcofago Mattei sarebbero un altro tassello a
comprova della consapevolezza nell'uso degli stilemi classici traslati nella
semantica rinascimentale, operata dal Raimondi nella sua produzione grafica.
A questo punto, forti del confronto iconografico con il Sarcofago
Mattei, si potrebbe proporre un'analoga trasposizione anche per il soggetto
e pensare dunque alla leggenda fondativa di Roma "narrata" dal
Raimondi. Il bolognese forse ha voluto rendere omaggio alla gloriosa storia
dell'Urbe, giunto ormai nella capitale ma avendo ancora negli occhi il
tonalismo veneziano e il classicismo padano, e "sognando" Roma, nuova
Troia.
Artedossier 319, Marzo 2015, pp 64 - 69. Giunti Editore, Firenze
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