L'ARCHITETTURA DOMESTICA
acquaforte 1974, mm 182 x 130
La coincidenza tra la segnalazione ricevuta di una pagina Facebook e un articolo intitolato "Appunti sull'incisione di architettura del secondo Novecento", a firma Sandra Suatoni, nel numero 106 della rivista "Grafica d'arte" mi hanno indotto a documentarmi meglio sull'argomento giungendo a questa mia considerazione.
Carla Suatoni, che lavora presso l'Istituto Nazionale per la Grafica, ha coordinato le due edizioni di "Architettura Incisa", nel 2009 e nel 2012, dove, per farla breve, docenti e studenti di architettura hanno realizzato delle incisioni presso i laboratori di Palazzo Poli.
Chiariamo subito che non si sta facendo riferimento ad una "Architettura Incisa" per scopi di riproduzione come avveniva fino all'Ottocento, inoltre, se ho ben capito, "Architettura Incisa" non è, di per sé, un'incisione che raffigura una qualunque architettura. Per intenderci con qualche esempio in ambito contemporaneo: le vedute di Enrico Piras, le cascine di Zaliani, le "Torri" e i "Palazzi" di Lanfranco Lanari, i "Labirinti" o i monumenti raffigurati da Toni Pecoraro e potrei continuare con altri disparati esempi aggiungendo soltanto i reperti di archeologia industriale di Gianni Cacciarini, proprio perché è architetto di formazione come Piazza, come Giulio Massimi scomparso lo scorso Aprile e come altri artisti che hanno studiato architettura... ebbene tutti questi esempi non rientrano nel concetto di "Architettura Incisa" per come l'intendono gli architetti.
Il progetto architettonico è anche un'occasione per elaborare riflessioni teoriche sull'architettura, alcuni architetti ritengono che si possa fare architettura anche non costruendo, ma limitandosi alla sua rappresentazione che quindi può avvenire con le tecniche più varie: digitali, grafiche, pittoriche...
Se in campo artistico l'incisione ha sempre avuto, fin dalle origini, un filone parallelo che l'ha utilizzata per le sue peculiarità espressive, per gli architetti (Piranesi escluso) ha rappresentato (fino all'avvento della fotografia) solo un mero mezzo di riproduzione a fini divulgativi, si affidavano i disegni di progetto alle stamperie calcografiche o litografiche come oggi s'invia un file al centro stampa (magari non proprio con la stessa disinvoltura: "Oh Tempora, o mores"). L'interesse degli architetti per l'incisione come tecnica espressiva è quindi un fatto recente, non so se vi sia anche una componente nostalgica (i protagonisti tendono ad escluderlo), di certo, per praticarla in prima persona, si rende necessario un recupero di "primitiva" manualità molto distante dagli attuali virtuosismi virtuali.
Anche la pagina FB s'intitola "Architettura Incisa", credo con esplicito riferimento l'omonima iniziativa, ma programmaticamente dichiara di non voler fare distinzioni tra "Architettura Incisa" e "Incisioni di Architettura" che sarebbero proprio quelle degli artisti citati e dei tanti altri che prediligono l'architettura, reale o fantastica, come soggetto delle loro opere. Non so dire se l'impostazione sia corretta e coerente, vedremo come si svilupperà la pagina, pertanto sospendo ogni giudizio potendo ritenere il principio della scelta inclusiva valido quanto quello che tende ad una concezione esclusiva limitata allo stretto ambito architettonico.
Il breve articolo pubblicato su Grafica d'arte "... introduce a uno studio sugli architetti incisori del Novecento i cui lavori sono stati sovente poco considerati", la necessità di una estrema sintesi ha penalizzato lo sviluppo dell'articolazione del testo e l'apparato iconografico.
Ammetto la mia ignoranza nel non sapere se tutti i nomi citati siano (proprio tutti?) architetti di chiara fama, rilevo però che, sotto l'aspetto meramente quantitativo, se è pur vero che sono molti gli architetti che, per curiosità o per insistenza di qualcuno, si sono cimentati con l'incisione, nella maggior parte dei casi tale esperienza si limita a pochissime prove e, pertanto, considerare "architetto incisore" (quasi fosse Piranesi) chi ha realizzato solo un paio di acqueforti mi sembra, francamente, diciamo... molto "generoso". Probabilmente a fare eccezione (per quantità) è la produzione di Aldo Rossi che però, opportunamente, viene definita "grafica" non trattandosi sempre e solo di incisioni, ma tendendo ad ibridare tecniche anche di riproduzione fotografica.
Venendo all'aspetto qualitativo, non intendo valutarne la rilevanza storica, artistica e culturale, mi interessa esplicitare il fatto, sempre taciuto, che questo fenomeno (fuori da un isolato "divertissement") è soggetto ad una duplice valutazione negativa.
Innanzitutto c'è una critica tutta interna alla disciplina dell'architettura, da parte di quegli architetti che, concependo l'architettura come spazio costruito, considerano i disegni di progetto solo una mediazione finalizzata alla realizzazione dell'opera e non ritengono che possa esistere una ricerca e una idea di architettura che si esprima solo a livello di rappresentazione non finalizzata alla costruzione, tanto ché hanno sempre visto con fastidio quegli elaborati che enfatizzano l'aspetto grafico al di là di quanto strettamente necessario a comunicare l'idea progettuale. Questa disputa ha radici lontane e lasciamo che siano gli architetti, se ne hanno ancora voglia, a sbrigarsela tra loro.
L'altro fronte critico è quello degli artisti incisori che accusano l'assoluta mancanza di competenza tecnica e un linguaggio grafico inadeguato che insieme sfociano spesso nel dilettantismo.
Generalmente un architetto che per la prima volta si cimenta con un'incisione o una litografia è portato a riproporre sulla lastra o sulla pietra un suo schizzo (raramente un disegno più controllato) con l'aiuto di uno stampatore che si fa carico di tutti gli aspetti tecnici necessari per arrivare alla stampa.
Far comprendere che l'incisione non è semplicemente un disegno realizzato su una lastra anziché su un foglio è tra i meriti delle due edizioni di "Architettura Incisa". Si coglie l'intenzione di concepire un linguaggio grafico congeniale al segno inciso e i risultati più significativi, in questa direzione, provengono degli studenti.
Figuriamoci se un "archistar" può porsi scrupoli di questo tipo, infatti proprio a costoro si devono le prove più deludenti alle quali i tecnici dell'Istituto hanno tentato di porre rimedio con colori, fondino e velature per attenuarne l'imbarazzante inconsistenza.
Nel gruppo un caso a parte è rappresentato dall'architetto Franco Purini il cui segno espressivo è naturalmente congeniale all'incisione, risultando piranesiano anche in alcuni suoi progetti.
Fino ai primi del Novecento la formazione di un architetto non differiva molto da quella di un artista: credo risalga al 1929 la costituzione della Facoltà Universitaria di Architettura che sino ad allora era un sezione all'interno delle Accademie di Belle Arti. La scissione tra i linguaggi artistici e quelli architettonici ha seguito di pari passo la differenziazione e la specializzazione cui sono andati soggetti i percorsi formativi di studio, con una accelerazione ai giorni nostri - alla quale si sta oggi tentando di porre un inutile freno - causata dal passaggio alla rappresentazione digitale.
Le Corbusier dipingeva quadri post cubisti e nelle sue costruzioni certe impronte nel calcestruzzo a vista ne contengono le suggestioni (se non ha mai dipinto una veduta della Villa Savoy, è pronto a far notare l'Avvocato del Diavolo, vorrà pur dire qualcosa).
Oggi o si è artisti (accantonando i retaggi della formazione da architetto, utile qualche volta, ma per lo più da rimuovere o sublimare nel migliore dei casi) oppure, se si vuole essere architetti, si finisce per ricondurre a questo campo autoreferenziale ogni altra forma espressiva.
È il percorso trasversale dei linguaggi artistici che oggi appare precluso e un tentativo in questo senso è un altro merito di "Architettura Incisa".
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