domenica 10 aprile 2011

ENCLAVE


Francisco Goya y Lucientes
Soffia
acquaforte















Il concetto che forse rende meglio il rapporto dell’incisione col più generale contesto dell’arte è quello di enclave. Trascrivo la definizione da un dizionario Zanichelli: «enclave /franc. ā’klav/ s.f.inv (pl franc. enclaves / ā’klav/) Piccolo territorio appartenente a uno Stato ma tutto circondato da territorio di uno o più altri Stati.»
Vi sono anche altre espressioni artistiche che si trovano in condizioni analoghe a quella dell’incisione e, per restare nella metafora, il territorio appartenente ad altro Stato è prevalentemente quello dell’Arte Contemporanea.
Nella locuzione “Arte Contemporanea” l’aggettivo non si riferisce più ad un significato temporale, ma è divenuto espressione di tutto un (scusate la volgarità) “Sistema Culturale”.
Vi sono aspetti, principi, comportamenti… ritenuti organici al “sistema” ed altri che, senza alcuna apparente logica e razionale motivazione, ne sono esclusi, tanto che l’accettazione nell’ambito dell’arte contemporanea spesso rappresenta un autentico mistero.
Alcuni principi generali appaiono individuabili: i santoni dell’arte contemporanea non vogliono avere nulla a che fare col passato; qualsiasi processo bollato come artigiano viene automaticamente rigettato: l’artista contemporaneo si occupa della “speculazione” pura disgiunta dalla realizzazione dell’opera che è affida a terzi.
Quindi, senza allargarmi ulteriormente, è chiaro che le tecniche di incisione originale non possono essere contemplate dal “sistema” che ammette soltanto: performance, installazioni (meglio se con scarti da discariche), foto (meglio se sfuocate), video (meglio se mossi), pittura (solo se fatta male)… C’è del sarcasmo? Neanche tanto.
Tuttavia per quanto si voglia apparire snob ed elitari, nel “sistema” non ci si sottrae alle logiche commerciali pertanto oltre i costosissimi pezzi unici l’artista “contemporaneo” realizza (meglio fa realizzare) “multipli”, ma solo di tanto in tanto per non “sputtanarsi” troppo. Le didascalie dicono trattarsi di “prints on paper”, ma sul processo tecnico non è dato sapere di più, comunque gli acquirenti non mancano.
Credo di aver già scritto che la qualità delle incisioni la percepisco istintivamente, come si sul dire “di pancia”, la visione di quei fogli mi provoca come un sommovimento intestinale, insomma, per usare un elegante eufemismo, mi fanno cacare e penso alla carta su cui sono stampati solo per uso igienico.



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