lunedì 18 luglio 2011

INTERLUDIO 0.4

Sono sempre alla ricerca di altri blog che coltivino il mio stesso interesse e mi procura sempre una gran tristezza imbattermi nei siti abbandonati. Alcuni hanno una impostazione originale e sono ben strutturati, ma, dalle date, si capisce che non si è mai andati oltre il primo entusiasmo dell’apertura. Probabilmente chi li ha ideati si aspettava chissà quali riscontri poiché la fissazione del numero dei “contatti” condiziona tutti: se si chiudono programmi televisivi constati milioni di euro figuriamoci se non si può rinunciare a un sito costato poco o niente.
Forse è un destino ineluttabile al quale non sfuggirà neanche questo blog per rinuncia o per imposizione, infatti la mia determinazione vacilla rispetto alla consapevolezza acquisita dell’impegno necessario, d’altra parte non essendovi alcun vincolo di costrizione andrò avanti finché voglia, disponibilità e piacere di fare mi sosterranno o finché mi sarà consentito.
Guardare incisioni interessa a pochi, leggere di incisioni interessa ancor meno, così se si opta per un blog che parla sparla straparla solo (apparentemente) di incisione è innanzitutto per se stessi che si scrive (se Manzoni sosteneva di riferirsi a venticinque lettori, figuratevi quali possano essere le mie aspirazioni) inoltre non è escluso, come già si sostiene, che si possa ravvisare anche una qualche deviazione patologica.
Pur non avendo difficoltà a rapportarmi alle novità informatiche permane un certo condizionamento generazionale, infatti i post non hanno la brevità, sul filo tra sintesi estrema e superficialità (max 10 righe) richiesta/imposta dalla rete ma, consapevolmente, mantengono l’articolazione lunga, argomentata e approfondita dei testi delle “vecchie” riviste a stampa: chi non è interessato passi oltre.
Ogni testo scritto è il distillato della mia sporadica attività mentale, un registro delle sue manifestazioni più vitali, una concentrazione di momenti ispirati che, per lo più, sono costati lunghi periodi di disorientamento bovino.
Anzi per dirla tutta alcune intuizioni derivano da uno stato di coscienza sospesa (per la precisione tra la veglia e il sonno) o anche di coscienza alterata si potrebbe pensare. Insomma un testo scritto è, proustianamente, il prodotto di un “io” diverso da quello che manifesto nelle mie quotidiane abitudini, in società, nei miei vizi.
Diversamente dalle distorsioni inflitte del mio pensiero ciò che scrivo può essere sistemato e corretto, anzi scrivere implica soprattutto la riscrittura, durante la quale i pensieri originari – solo abbozzati e privi di un organico collegamento – si precisano arricchendosi di più sottili sfumature e possono così comparire sulla pagina secondo il necessario ordine logico ed estetico.
Infiniti sono i riferimenti, le citazioni, i debiti, le intrusioni, i furti… più o meno rielaborati al punto che non so più quale sia il grado di perversione o d’impostura.

Nessun commento:

Posta un commento