sabato 12 novembre 2011

PRO MEMORIA

Richard Müller
Todeskampf (lotta con la morte)
acquaforte, 1913
















Non ho mai conosciuto un artista di successo che dubiti del proprio talento.
Chi non è stato baciato dalla celebrità ha almeno l’estro di trovare valide ragioni alla propria sfortuna: troppo raffinato per il volgo; in anticipo (o in ritardo) sui tempi; controcorrente rispetto alle mode; il genere non è quello che piace ai critici; il formato non è quello giusto rispetto al prezzo…
la cosa peggiore è che nel mucchio c’è davvero chi dovrebbe essere apprezzato ed è invece ingiustamente ignorato.
Ho scritto “di successo” non “di qualità” perché i due aspetti non sempre coincidono e perché, appunto, conosco artisti di assoluta qualità, pressoché sconosciuti, profondamente insicuri e dubbiosi del valore del proprio talento.
Il giusto apprezzamento del talento sembra una pratica data per tramontata, se ne avvantaggiano quegli artisti di quart’ordine che meriterebbero solo di marcire all’ombra e invece, vedendo quanto il marketing della confusione segni più punti ogni anno che passa, sperano di arrivare un giorno ad essere famosi e maneggiano tanto da riuscirvi.
Nel caso degli incisori "puri" (coloro che adottano l’incisione come esclusivo o prevalente mezzo espressivo) il destino sembra ineluttabilmente segnato: subire le tipiche, miopi dimenticanze e le angherie della Storia e dei manuali, oblii che sono la colonna vertebrate dei pedantissimi professori, che hanno in mano il borsino dei "Più Celebri".
A ripercorrere la nostra storia dell'incisione ci si accorge che risulta disseminata di artisti avvolti da silenzi critici immeritati. Incisori sopraffini nella tecnica, artisti autentici, sono rimasti relegati nel limbo dei dimenticati benché essere stati dimenticati da certi critici suona più come un onore e un vanto.
È pur vero che tanti dimenticati spesso hanno fatto ben poco per non rimanere tali. In questo oblio ha giocato anche la loro arte del lasciarsi già dimenticare in vita, del procedere intabarrato e sospettoso, curando eccessivamente la loro riservatezza, sfuggendo di proposito le luci della ribalta, escludendosi dai giochi della critica e del mercato, forse perché la naturale discrezione dell’incisione si riverbera nel carattere di chi la pratica con orgoglio e ostinata dignità.
La notorietà di un artista può essere in buona parte costruita con investimenti mirati e strategie di marketing come con qualsiasi prodotto commerciale.
Tuttavia è un errore pensare che il tempo e la “selezione naturale” si occuperanno di far chiarezza riscattando la qualità.
Per coloro che ad un certo momento sono presi dall’ansia di sottrarre all’oblio tutto il lavoro di una vita si presentano ben poche possibilità e così mi ricollego alla brusca conclusione del precedente post ABBOZZO DI RITRATTO.
Alcuni riescono comunque ad emergere, chi per merito proprio, a volte per l'impegno di qualche gallerista o mercante interessato (quando ancora s’interessavano d’incisione), per lo più, la casistica non lascia dubbi, grazie all'opera degli eredi.
Adesso immaginate un valido incisore (di proposito non adotto l’espressione “maestro”) che oggi è intorno ai settant’anni, non è tra quei pochissimi privilegiati presenti nel noto catalogo di vendita (state pensando che se non vi è presente non può essere “valido”? Vi assicuro che vi state sbagliando e nel prossimo post aggiungerò ragioni); negli ultimi dieci anni, se gli è andata bene, gli è stata pubblicata una monografia finanziata dalla pubblica amministrazione o da una banca; una presentazione sull’unica rivista di grafica, qualche articolo su quel giornale che si ripaga con incisioni; è stato invitato ad un paio di rassegne nazionali (che sono anche le uniche organizzate, se si escludono i concorsi ai quali non sarebbe dignitoso proporsi); qualche foglio venduto direttamente a qualche conoscente… accoglierà con fiducia e disponibilità, e sarà generoso nell’elargire le opere, al primo milluzzo che gliele chiederà, gratuitamente, per la collezione privata facendo balenare l’ipotesi di far svolgere una tesi di laurea come effettivamente ha fatto con qualcun altro… magari concordando la versione ufficiale che sono state cedute ad un prezzo forfetario, affinché qualcuno che, in passato, i fogli li ha acquistati veramente non debba dispiacersi nell’apprendere che desso è anche disposto a regalarli pur di fare qualcosa, pur di continuare a far circolare il proprio nome.
Così pensando al “dopo”, quali possibilità si profilano all’orizzonte?
Che una collezione pubblica accetti una donazione non è cosa semplice e comunque se così si riesce ad evitare la dispersione o la distruzione delle opere - sperando che un giorno possano essere scovate per essere presentate in qualche rassegna - dall’altro il rischio di consegnarle a un’eterna sepoltura è altissimo.
Non è infrequente che ad un artista originario di un piccolo centro, che abbia acquisito una certa notorietà, il comune dedichi un piccolo spazio museale con le opere donate dagli eredi, ma non basta essersi fatto ben volere in vita occorre comunque qualcuno di spiccata abilità politica per riuscite ad attuare un tale progetto.
Se qualcuno ha l’abilità di promuoverne la commercializzazione delle opere il nome continuerà a circolare e risulterà efficace anche una fondazione, ma occorre chi se ne prenda cura.
E una volta esauriti i “Se” e i “Ma”?
Non ho una risposta e continuerò a riflettere sull’interrogativo, se qualcuno ha un’idea valida da proporre si resta in attesa di suggerimenti.
Da un’altra posizione si può sostenere che l'eredità degli artisti non potrà raccontare quel che non possiede e svolgere un’attività artistica equivale, sempre e comunque, a lanciare un “messaggio in bottiglia” nell’incertezza che possa giungere a riva e che qualcuno disposto a raccoglierlo ne comprenda il senso, ma il “vero” artista non se ne preoccupa.

1 commento:

  1. P.S.
    Nel numero 87 del supplemento “L’occhio nel segno” è pubblicato un articolo di Marco Tabusso intitolato “Come tenerli in vita” che affronta lo stesso problema sollevato in questo post e nel precedente, evidentemente i sintomi sono inequivocabili se, non solo gli artisti ma anche gli “osservatori” o gli “analisti” (nessuna delle due definizioni si adatta al campo dell’arte, ma passatemi una di queste generiche e onnicomprensive espressioni che mi consente di affiancarmi ai “professionisti”) se ne sono resi conto, vuol dire che il problema è percepito attuale come non mai.
    Marco Tabusso svolge una lucida e garbata analisi di come, in generale, vanno le cose, ma, purtroppo, cari amici artisti, una vi troverete una ricetta sicura per sottrarsi all’oblio.
    Quando qualche foglio si vende, in proprio o in galleria, quando le occasioni per delle tirature non mancano, quando giungono gli inviti alle rassegne…, insomma finché il mercato “tira” non c’è motivo di credere che le cose non debbano continuare ad andare bene, ma quando i riscontri e le commissioni si annullano e il solo modo di vedere il proprio nome e le proprie opere pubblicate è inserirle nel proprio sito internet o pagarsi un’inserzione pubblicitaria, i motivi per essere preoccupati trovano ragione e fondamento.
    Non preoccupatevi, Cari Amici Incisori, vi anticipo che in un prossimo post troverete svelato il modo per assicurarvi il successo.

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