lunedì 7 dicembre 2015

EULOGIA POETICA DELLA STAMPA

Abito da stampatore
Abito da vignaiolo
Nicolas de Laermessin,
Allegorie dei mestieri e delle attività,
39 incisioni ante 1719













Il "Forum"di Gubbio è stato l'evento dell'anno per la stampa del libro di "pregio" secondo un'azzeccatissima definizione. Non ho elementi per valutarne gli esiti complessivi, è ancora prematuro per quelli a lungo termine, mi pare però che - per il valore statistico che possono avere i pochi commenti registrati nel post - il suo "prodotto" immediato, ovvero il cosiddetto "Manifesto", non sia stato unanimemente bene accolto.
La differenza tra stampa "tipografica" e stampa a "tiratura limitata" può apparire macroscopica in linea di principio, ma solo i più esperti visitatori della mostra di Gubbio si saranno resi conto di un equivoco. Per dirla chiaramente, alcuni dei "microeditori" in mostra realizzano edizioni a tiratura limitata, ma non tutti stampano "tipograficamente" come si sostiene nel "Manifesto", non è quindi chiaro se ad essere tutelati debbano essere solo coloro che realmente stampano "tipograficamente" o anche coloro che realizzano edizioni comunque ben curate seppur stampate in offset o in digitale.
Per analogia: come nell'incisione non è solo il rispetto del concetto di originalità a fare la qualità artistica dell'opera, così nell'editoria "di pregio" non può essere solo la modalità di stampa a fare la differenza, anche in questo caso ritengo che sia una (semplice?) questione di chiarezza e onestà: basterebbe dichiarare il tipo di stampa effettivamente adottata senza mistificazioni e valorizzare al meglio tutto il resto: la carta, l'impaginazione, la legatura... eventualmente le illustrazioni... e il contenuto troppo spesso sottovalutato. Che tutti questi aspetti siano padroneggiati dalle competenze di una sola persona non mi pare possibile, per questo l'edizione impeccabile è rara, nella maggior parte dei casi qualcosa difetta anche visibilmente per l'occhio educato al "pregio".
Comunque il possibile "equivoco" mi ha fatto venire in mente un noto - noto ai lettori appassionati di Melville - doppiosenso sulla "stampa" che riporto di seguito e che la nota finale provvederà a chiarire.
Buona Lettura.
Sia lode alla stampa, non quella di Faust, ma il torchio di Noè: esaltiamo e magnifichiamo la stampa, il sincero torchio di Noè, donde spunta il vero mattino. Sia lode alla stampa, non alla stampa nera ma al torchio rosso: esaltiamo e magnifichiamo la stampa, il rosso torchio di Noè,  donde viene ispirazione. O voi stampatori della terra del Reno, e voi stampatori del Reno, unitevi a tutti voi che spremete liete novelle sull'isola di Madeira o di Mitilene. - Chi dà rossore agli occhi facendo bramare agli uomini di sostare di fronte alla bella pagina? - Sia lode alla stampa, il torchio rosato di Noè,  che dà calore al cuore, suscitando negli uomini il desiderio di sostare di fronte al vino rosato. - Chi ha farfugliamenti e alterchi? Chi, senza motivo, inflige ferite? Sia lode alla stampa, il torchio geniale di Noè,  che intreccia amici e fonde nemici. - Chi si lascia imbrogliare? - Chi si lascia legare? Sia lode alla stampa, il libero torchio di Noè,  che non mente per i tiranni, ma fa dire il vero ai tiranni. - Sia lode allora alla stampa, lo schietto, vecchio torchio di Noè; esaltiamo e magnifichiamo la stampa, il valoroso, vecchio torchio di Noè; inghirlandiamo con corone di rose la stampa, il grande, vecchio torchio di Noè,  donde scorrono correnti di sapienza che danno all'uomo una contentezza non più irreale del dolore.

Il "panegirico" è tratto dall'inizio del capitolo trenta de " L'uomo di fiducia" di Herman Melville, nella traduzione di Sergio Perosa.
Tutto il passo è una parafrasi d'un brano biblico, Proverbi, 23:29-31.
Il Faust, citato all'inizio, è Johann Fust o Faust, tipografo tedesco, socio di Gutenberg dal 1450 al 1455 circa.
Tutto il brano è intessuto del doppio senso che in inglese ha il vocabolo "press" (stampa) col significato di "torchio tipografico" e di "torchio per l'uva" da cui il riferimento a Noè.

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