sabato 13 agosto 2016

COSA NE PENSI?

       

Rembrandt
Il Dottor Faust







H
o il privilegio di frequentare degli artisti, non molti in verità, che mi mostrano le nuove incisioni in fase di realizzazione o che hanno appena ultimato. Così, pian piano, mi sono fatto l'idea che chi incide (ma ritengo valga per chiunque si applichi ad un'attività creativa) corre due pericoli: il pericolo di essere troppo tollerante con sé stesso e, all'opposto, il pericolo di essere ipercritico fino a disprezzarsi. 
Quando l'artista sente che tutto ciò che pensa e realizza trabocca di qualità, allora incide con una facilità che dovrebbe insospettirlo, ma generalmente non ha alcun sospetto perché, in questi momenti di euforia creativa che arde di vano fuoco, non c'è spazio per sospetti o dubbi e tutto quello che realizza gli sembra felicemente risolto, utile e destinato all'immortalità.
Quando invece tende a disprezzarsi, annienta ogni idea non appena si affaccia, e così ammucchia intorno a sé ingombranti cadaveri di idee difficili da rimuovere.
Oppure ancora, essendo pieno di disprezzo per sé stesso, ma anche di una oscura speranza, insiste su una stessa idea la rielabora, la modifica infinite volte, nella speranza che da quella idea iniziale sgorga, per miracolo, il capolavoro.
Perciò chi incide, dopo un momento di elaborazione individuale, sente con forza la necessità di confrontarsi: poche persone di fiducia alle quali sottoporre ciò che pensa e sta realizzando. Il pubblico è, per l'artista, una proliferazione di queste poche persone proiettate nell'ignoto e, si auspica, nel tempo della storia.
Sono proprio queste persone che aiutano l'artista sia a non provare per sé stesso una fiducia cieca, sia a non provare per sé stesso un disprezzo mortale. Lo aiutano a difendersi dalla sensazione di farneticare in solitudine.
Siccome il principale timore dell'artista è di realizzare opere inutili e non interessanti, è assolutamente necessario che gli interlocutori proteggano l'artista da questo timore.
La scelta degli interlocutori non è facile: l'amicizia, la stima, l'affetto sono necessari, ma non sufficienti. 
Difficilmente i figli possono assolvere a questo compito tendendo ad assere nei confronti dei genitori ipercritici e se questo non accade, accade il contrario, cioè tendono a mitizzarli, ed è anche peggio.
Si può obiettare che ciascun artista dovrebbe essere abbastanza maturo per autovalutarsi, per quanto è possibile ad un essere umano esprimere un giudizio distaccato sopra sé stesso, ma agli interlocutori non si chiede tanto un giudizio critico disincantato, quanto una sorta di partecipazione, durante il lavoro e subito dopo, un contributo di parole al lavoro solitario di incidere.
Ho la presunzione di essere un interlocutore ideale, pur essendo caratterialmente irrequieto e niente affatto paziente, ho un naturale rispetto dei modi e dei tempi del dialogo e osservo sempre con attenzione qualunque incisione, forse mi riesce anche di animare, nel prossimo, il desiderio di incidere.
Riuscire a trovare attenzione è raro, ritengo che gli artisti non si sbagliano mai riguardo all'attenzione del prossimo, cioè si accorgono subito quando l'attenzione verso una loro opera è debole e distratta: dal grado di attenzione si può intuire il riscontro che attenderà l'opera.

Nessun commento:

Posta un commento