sabato 5 novembre 2011

ABBOZZO DI RITRATTO

René Magritte
Volto
acquaforte







Voglio provare a tratteggiare un ritratto. Sarà un ritratto di maniera, convenzionale, che può assomigliare a tanti, come quelli in antiporta negli antichi volumi, inciso a bulino con i tratti paralleli che seguono l’andamento del volto e diventano puntini prima di interrompersi per lasciare campo alla luce; ovvero come il Volto, senza contorno definito, inciso all’acquaforte da Magritte.

Un giovane appena uscito dall’Accademia di Belle Arti negli anni settanta del ventesimo secolo, cerca la sua strada nel campo dell’arte. Appassionato d’incisione allestisce, con altri artisti già inseriti nel giro artistico cittadino, una stamperia, così può disporre del torchio per lavorare ai suoi soggetti e guadagnare qualcosa stampando per gli altri. È un momento di particolare vivacità per la grafica: artisti esordienti o affermati si accostano alle tecniche dell’incisione, si realizzano edizioni, cartelle, tirature di singoli fogli…, le numerose gallerie d’arte in città ospitano mostre a ciclo continuo.
Contemporaneamente si affaccia la possibilità di iniziare ad insegnare, lo stipendio delle prime supplenze fa sì che si allenti il faticoso impegno in stamperia. Presto raggiunge la certezza del passaggio di ruolo che coincide anche col matrimonio e l’arrivo dei figli, così s’impongono altre priorità dando la precedenza alle esigenze familiari. L’arte non può più catalizzare tutte le energie, si riducono gli impegni, si allentano i contatti e progressivamente si esce dal “giro”. È a questo punto che numerose sedicenti promesse dell’arte italiana, assicuratasi la pagnotta mensile, tirano i remi in barca e si lasciano cullare dalla burocratica quotidianità scolastica, disinteressandosi anche di frequentare le mostre per tenersi aggiornati. Per quelli intellettualmente onesti sarà la consapevolezza di non avere nulla da esprimere, qualcun’altro si atteggerà a genio incompreso per il resto della vita, in ogni caso non ne rimpiangeremo la perdita e sarà un sollievo non dover inciampare nella loro nullità artistica. Ma il soggetto che sto tentando di raffigurare è un artista “sincero”, ha un talento istintivo pur non essendo un virtuoso, l’aggettivo più appropriato forse sarebbe “verace” (anche per quel tanto di incolto che l’accezione contiene) ed è consapevole dei propri limiti, pertanto non annulla l’attività artistica che prosegue solo quando può, relegandola ad una propria esclusiva necessità.
Negli anni qualche sporadica partecipazione a mostre collettive, ma niente di significativo. A nulla valgono le sollecitazioni dei conoscenti e della moglie che, caratterialmente diversa, è molto intraprendente e ben saprebbe far fruttare i lavori del marito.
Forse c’è anche un certo complesso d’inferiorità culturale se, per esempio, finisce per divenire amico del custode del museo piuttosto che relazionarsi col direttore e per cogliere le intime motivazioni di un tale atteggiamento di ripiegamento in sé stesso, di ritrosia a mostrarsi, d’imbarazzo ad attribuire valore commerciale ai propri lavori, tutti aspetti che risultano in contraddizione con certi scatti di orgoglio e slanci di entusiasmo creativo e propositivo, occorrerebbero le capacità d’introspezione psicologica di un Leonardo o di un qualche altro rinomato ritrattista, io mi limito a cogliere questo aspetto insondabile dell’animo umano e come niente trascorrono trent’anni.
La frequentazione di un collega più giovane che in qualche modo è riuscito a seguire un percorso di continuità artistica, risultano di stimolo e incentivo, inoltre la maggiore disponibilità di tempo libero dopo il pensionamento e per la raggiunta indipendenza dei figli, fanno sì che riprenda a dedicarsi all’arte a tempo pieno, ma deve constatare che molto è cambiato, il mercato dell’incisione è un fortissima crisi, e non riesce ad inserirsi.
Internet è ormai in tutte le case, è facile reperire i bandi dei concorsi, il fatto che spesso i suoi lavori non vengono accettati non possono intaccare la determinazione di chi si è temprato alla dura disciplina del lavorare innanzitutto per sé stesso, ritenendo che non si diventa artisti per avere il successo di pubblico, si è artisti nel corpo e nello spirito: è una vocazione, qualcosa a cui si dedica la vita indipendentemente dalle mode, dalle tendenze e dai riscontri.
Scopre la “novità” degli ex libris, per i quali le iniziative sono numerose, in qualche momento forse è stato sfiorato dall’idea di entrare a far parte di un’associazione, ma la considerazione che la sola qualità richiesta fosse il pagamento della quota associativa l’ha fatto ritenere un sentiero spianato ma senza sbocco, anche se non può ritenersi del tutto irreprensibile avendo accettato - su istigazione della moglie che non si può sempre contraddire - di accollarsi una fallimentare mostra a pagamento.
A questo punto mi mancano pochi tocchi, soprattutto per meglio definirne lo sguardo che rivolto al futuro si vela di malinconia poiché sente l’oblio incombere su tutto il lavoro di una vita.
I figli hanno intrapreso strade lontanissime dall’arte e vivono all’estero, la moglie, spavalda a parole, sarà veramente in grado e, soprattutto, troverà riscontri?
Troppe incertezze.
Il ritratto è completo, si riconosce quale tipo di artista ho provato a raffigurare, ovviamente non ha i tratti somatici di quello che sgomita e neanche del “grande nome” che non ha bisogno di sgomitare accompagnandosi, in genere, ad un codazzo che può risultare utile e, forse, non si pone neanche il problema che qui si solleva.
L’artista del mio ritratto pensa ad una donazione, si rende conto che le possibilità in Italia sono limitatissime e ritenendo che possa rappresentare un titolo di preferenza il fatto che due istituzioni sono già in possesso di suoi lavori decide di rivolgersi alla Raccolta Bertarelli di Milano (che aveva incamerato tutte le opere di un concorso al quale aveva partecipato) e il Centro di Bagnacavallo che le aveva ricevute in occasione della pubblicazione del “Repertorio”: nessuno gli ha mai risposto.

6 commenti:

  1. ...la lucida sinossi di una vita! Per fortuna mi soccorre Rilke ('Lettere ad un giovane poeta'), in quella prospettiva 'tuttadidentro' dalla quale attendo grandi orizzonti, tutti d'emozione s'intende!

    GRAZIE ONORIO!

    RispondiElimina
  2. "Similitudine" Uscito dall'Accademia di Belle Arti,finito il servizio militare, dopo circa due anni, ho avuto l'occasione di essere stato nominato a tempo indeterminato, docente di Disegno dal Vero per poche ore settimanali presso I.S.d'Arte. Alcuni mesi dopo l'inizio del mio insegnamento, da un carissimo amico docente dello stesso Istituto, mi è stato proposto di far parte di un gruppetto (quattro persone) per mettere su una stamperia di incisione. Con una modesta attività calcografica avviata eravamo nel pieno fervore di massa per la grafica in genere. Personalmente mi occupavo della parte tecnica per arrivare alla stampa.Cinque anni dopo sono stato costretto a scegliere di andar via in altra scuola di una regione diversa per guadagnarmi il passaggio di ruolo. In questa nuova scuola, appena entrato nell'aula che mi era stata assegnata, ho subito adocchiato in un angolo, un torchio grande della Paolini messo li come un oggetto inutile e ingombrante. Col passar dei giorni mi è stato detto che quel torchio era stato acquistato dalla scuola circa dieci anni prima senza mai poterlo usare. Per gli anni successivi,circa nove, grazie alla fiducia che i cari colleghi mi hanno subito accordato, mi è stata data la più assoluta libertà per realizzare in quella scuola un vero laboratorio di incisione. In questi anni ho guadagnato la mia continuità per l'incisione,il passaggio di ruolo e una cara moglie.Maturati gli anni per chiedere trasferimento in altra scuola, decido, convinto di ritrovare l'antico fervore, di tornare indietro seguito dalla moglie e un bel bambino. Ritornando perdo la mia continuità calcografica ma piano piano, nella nuova scuola, a fatica, per la sua riservatezza e discrezione, trovo un abile incisore che, fra le altre cose, mi fa conoscere l'Ex Libris.Oggi,pensionato, continuo a svolgere la mia modestissima attività artistica. Ho due figli, un maschio e una femmina di cui uno è ricercatore all'estero col sogno di rimanerci. Grazie a questo nuovo amico incisore, da alcuni anni ho cominciato a partecipare a qualche concorso di incisione senza risultati di rilievo. Per finire: a tutt'oggi non ho mai pensato di fare donazione delle mie minchiate a nessuna istituzione. Se da qualche parte è pervenuta qualche mia stampa l'ho fatto nei momenti di debolezza e di trasgressione con me stesso. Saluti a te Onorio.

    RispondiElimina
  3. Il fatto che qualcun altro si riconosca nel “ritratto” mi incoraggia a riferire la mia esperienza che, a meno di qualche differenza, rispecchia abbastanza la "rappresentazione".
    Io ho effettivamente contattato le due istituzioni citate e una mi ha risposto che le donazioni si possono effettuare solo su invito che viene rivolto ad artisti affermati.
    Quali parametri definiscono il grado di “affermazione” di un artista? “Affermazione” e non “qualità” e chi decide? Quando quella stessa istituzione in diverse precedenti occasioni ha acquisito delle mie opere, perché donate da altri, io non avevo ricevuto alcun invito né comunicazione e sembrerebbe che non ci fossero neanche dubbi di “affermazione”.
    Mi dicono che all’estero si incontri maggiore attenzione, ma ormai ho molti dubbi sull’opportunità, spero che per la mia unica figlia non risultino solo un inutile ingombro e mi deprime la possibilità di finire su e-bay a venticinque euro.

    RispondiElimina
    Risposte
    1. Apprezzo tanto il Tuo commento e mi dispiace per la preoccupazione che Ti assilla pensando al futuro incerto delle proprie opere. Penso che, se in tutta la tua vita hai lavorato con profondo senso di verità, dignità e consapevolezza, allora Devi esserne appagato. Se quel che si produce può essere utile ad altri nel futuro, questo non lo si può pretendere. Un famoso scrittore del Novecento,poco prima di morire, affidò alcuni suoi manoscritti a un carissimo amico pregandolo di bruciar tutto dopo la sua morte. Per nostra fortuna nulla è stato dato alle fiamme. Oggi in tutto il mondo si leggono le sue opere e molti viviamo con un significato in più. Mi "permetto" un benevolo consiglio: lascia che la tua unica figlia sia solo Figlia.

      Elimina
  4. Il fondamento dell’episodio al quale si fa cenno è più probabilmente mitopoietico alimentato dallo stesso Max Brod.
    Basta poco a fare la differenza tra l’essere ricordato e sprofondare, volontariamente o involontariamente, nell’oblio: pensiamo a un Van Gogh senza un fratello o con un fratello che non ne avesse conservato i lavori dopo aver provato (se fossimo ai giorni nostri) a sbarazzarsene velocemente vendendoli su e-bay.
    Anch’io conosco degli artisti sprezzanti del proprio lavoro, ma colui che veramente non vuole lasciare traccia di sé lo fa già in vita, non delega, e procede personalmente alla distruzione (anche in maniera eclatante come fece Viviani gettando a mare le sue lastre, ma si guardò bene dall’eliminare anche le stampe, pertanto l’esempio non è del tutto calzante).
    Posso concepire che vi sia un piacere nel fare fine a se stesso con un totale disinteresse per quel che accadrà dopo (il post “BARTLEBY L’INCISORE” è anche su questo aspetto), ma d’altro canto non mi meraviglio che qualcuno, consapevole di certi meccanismi del mondo dell’arte, abbia timore dell’incombente oblio (suggerirei, anche per sdrammatizzare, di rivedere i consigli su “Come farsi considerare incisori di successo”).
    Comprendo il senso di pudore che si ha nel parlare apertamente di ricerca dell’immortalità, poiché di questo si tratta, è l’unica barriera naturale che l’uomo non è ancora riuscito a superare, quella fisica intendo poiché da sempre l’immortalità della memoria è stata concessa agli eroi e agli artisti.
    Certo non si può imporre a parenti o amici di trasformarsi in promotori d’arte, ma è un dato di fatto che la memoria postuma di un artista dipende dalla possibilità di alimentare un qualche interesse: interesse commerciale (da parte di gallerista o mercante e collezionisti) o interesse affettivo (da parte di un qualche parente o amico), molto più raro l’interesse puramente storico (da parte di uno studioso, un critico, un curatore di mostre)…
    Saranno i posteri a giudicare il valore concreto delle opere, ma se si preclude la possibilità che le opere raggiungano un futuro più o meno prossimo, il senso di vuoto e inutilità può risultare veramente deprimente.
    Onorio Del Vero

    RispondiElimina
  5. Forse il mio intervento può risultare fuori luogo rispetto alla linea della discussione che appare particolarmente sentita, inoltre potrò apparire cinico se ritengo che a liberarci da ogni preoccupazione sul futuro in definitiva interverrà comunque la morte.
    Invece mi sembra importante focalizzare l’attenzione anche sul comportamento dei responsabili di quelle istituzioni alle quali è stata rivolta la richiesta per una possibile donazione e che non si sono degnati di rispondere.
    Dovremmo dedurne che, per esempio, un Galizzi (un esempio non a caso poiché a lui personalmente avevo indirizzato un richiesta in tal sento) è tanto oberato da corrispondenze, richieste e impegni da non avere il tempo di rispondere? Sappiamo che non è questo il motivo e figuriamoci se si sia preso il disturbo di verificare la reale qualità dei lavori proposti.
    Una formale e cortese risposta di diniego non costerebbe nulla, ma con l’ostentata indifferenza il burocrate afferma l’arroganza del proprio ruolo: altro che promuovere l’incisione contemporanea.

    RispondiElimina