martedì 12 febbraio 2013

I SETTE VIZI CAPITALI


L’annuario pubblicato dall’ALI alla fine del 2012 aveva come tema “I Sette Vizi Capitali” e raccoglieva opere storiche che avevano trattato il medesimo tema, le incisioni appositamente realizzate dagli associati, interventi letterari e contributi teorici sulla storia e la grafica d’arte.
Una selezione delle opere realizzate sono attualmente esposte, fino al 15 Febbraio, presso la Galleria “Il Bisonte” di Firenze e la mostra integrale sarà presentata nel mese di Aprile presso il Museo di Casa Fraboni a San Pietro in Casale.
Dall’Annuario sono tratti il saggio del Prof. Marzio Dall’Acqua e un’incisione per ogni vizio accompagnata dal commento degli stessi artisti.
Uno speciale ringraziamento va alla cortese disponibilità di Marco Fiori per aver agevolato questo post fornendo generosamente le acquisizione dei testi e delle immagini.
I vizi sono qui ordinati secondo il principio dantesco che è in decrescendo, per gravità, rispetto alla successione cattolica e le corrispondenti incisioni sono state scelte individuando quelle che, secondo il gusto del tutto arbitrario del sottoscritto, ritengo interpretino ciascun vizio nel modo più aderente alla realtà contemporanea.
Poiché nella copertina del catalogo della mostra fiorentina è riprodotta L’Ira di Pieter Bruegel il Vecchio è nata l’idea di riproporre, in parallelo, anche le tavole del maestro fiammingo.



SUPERBIA

Francesco Geronazzo
acquaforte e acquatinta 2012, due matrici mm 415 x 495, 385 x 495








È solo quando riconosci l'errore che si attenua; smette di dominare, si spegne quella forma di superbia. Spesso questo "vizietto" aiuta però a mantenere la sicurezza necessaria per il lavoro o a prescindere per l’analisi dell’oggetto, anche se quando risulta nei paraggi appare come benda, che oscura la vista e acceca la ragione.
(F G)




INVIDIA

Agim Sako
acquaforte e acquatinta 2011, mm 315 x 275


Chi può dire di non avere mai invidiato qualcuno?
A volte, quando nasce dall'ammirazione, l'invidia ti spinge ad emulare la persona considerata e questo può anche portarti a migliorare.
Quando invece l'invidia nasce dal rancore, prevale il desiderio di annientamento, un’avversione senza limiti nei confronti dell’altro; può far scatenare un’ossessione incontrollabile ed esprimere il lato peggiore di te. Allora, se non riesci a controllarla, l'invidia diventa un incubo senza fine...
(A S)




IRA


Melania Vaiani
acquatinta, puntasecca, maniera allo zucchero, acquaforte 2012, mm 245 x 300

La scelta dell'ira come tema dell'opera è stata estrapolata dalla definizione di tale sentimento come "moto impetuoso dell'anima" … ho abbandonato l'uso di una forma razionale adottando una grafica astratta; tramite l'uso della Puntasecca, di per sé graffiante e incisiva, e della maniera a zucchero che permette di dare energia al colore (in questo caso il rosso), ho potuto esprimere al meglio questa emozione.(M V)



ACCIDIA

Franco Menegon
acquaforte e acquatinta 2012, mm 297 x 198











Accidia, ovvero figure urbane, senza spessore, prive di identità e di ideali, che vagano per la città, in punta di piedi per non farsi né sentire né vedere, con un unico obbiettivo: la sopravvivenza. (F M)




AVARIZIA

Gianni Favaro
acquaforte 2011, mm 198 x 249





È rimasto solo l'avaro; è rimasto solo in uno spazio semibuio; è rimasto solo con il suo denaro e i suoi conti.
Una mano demoniaca che esce dal buio si appoggia sulla sua spalla, quasi ad avvertirlo che il "vizio" lo porterà alla perdizione. (G F)



GOLA

Nella Piantà
maniera nera 2011, mm 245 x 195



LUSSURIA

Mattia Serra
acquaforte 2010, mm 240 x 292

Nell'ebbrezza interrotta i nervi non hanno colpa .
Dalla pelle alle ossa sento solo passione e pietà.
Immemore della perdita mi rivelo in un battito, rimane la resistenza al naufragio.
Confessioni che stanno negli angoli e lungo i rigagnoli dove tutto passa.
Naturale è affondare, naturale è riprendere fiato per l'ultimo respiro. 
(M S)




I SETTE VIZI CAPITALI
Ade, letteralmente "invisibile" era, per gli antichi Greci luogo invisibile, eternamente senza uscirà, perso nelle tenebre e nel freddo, abitato da mostri e demoni che tormentavano i defunti: impero dei morti sotterraneo, che nella simbologia rappresenta il passaggio dalla morte alla vita, il luogo delle metamorfosi, dei giacimenti preziosi, della germinazione. Lo stesso avviene per lo Sheol dell'Antico Testamento, anch'esso luogo senza luce, che è di per sé simbolo dì vita, di esistenza. Nel Nuovo Testamento abbiamo invece la Geenna o Gehenna, che e presente anche nel Corano, e che non è che la valle palestinese di gê-Hinnon, presso Gerusalemme, in cui un tempo avvenivano sacrifici e si bruciavano immondizie. Anche dall'esperienza dei fenomeni vulcanici, con vapori di zolfo e magma, viene così definendosi un luogo per rinserrare le anime prima e poi lentamente si fa avanti l'idea della punizione dei malvagi. Il fuoco che consuma il corpo di coloro che si ribellano a Dio è introdotta dal profeta Isaia (66,24), mentre Tertulliano (160-220 d.G.} amplia questo concetto dichiarando che i vulcani e le loro manifestazioni sono la prova dell'esistenza di un inferno sotterraneo, da cui Dante Alighieri (1265-1321} nella sua Divina Commedia dà una rappresentazione in realtà modellata più sulla classicità greco-romana, con i quattro fiumi infernali, che erano già in Omero e che caratterizzavano l'Averno dell’Eneide virgiliana, ed i diavoli che controllano ogni girone denominati secondo la mitologia, come la presenza di Cerbero il cane a tre teste e Caron dimonio, il traghettatore. L'organizzazione dell'Inferno dantesco corrisponde all'Etica di Aristotele, menzionata esplicitamente, secondo la quale, ma le parole sono di Dante, tre "disposizion ch'el ciel non vole, / incontinenza, malizia e la matta / bestialitade". Ecco incominciamo a comprendere qualcosa sulla formulazione dei "vizi capitali" che sono alla base dell’Annuario 2012 dell'ALI.
I vizi non sono altro che la contraffaccia, l'opposto delle virtù cristiane, che, come è noto, sono tre teologali: Fede, Speranza e Carità, secondo la definizione di san Paolo (I lettera ai Corinti, 13, 13), alle quali si aggiungono le Quattro Virtù cardinali - Giustizia, Prudenza, Fortezza e Temperanza - che non sono altro che le virtù classiche già richieste da Platone nella Repubblica (4, 427 ssgg.) come requisiti indispensabili dei cittadini nello stato ideale, che i Padri della Chiesa accolsero e ratificarono come valori cristiani, in un ideale numero sette, numero primo simbolo dì perfezione e di totalità.
Ma torniamo un attimo a Dante, poiché la sua rappresentazione dell'Inferi è diventata paradigmatica per aver presente la dottrina della Chiesa sulle pene sui premi ai vizi e alle virtù. Le tre "disposizion" di cui si è detto corrispondono esattamente a quelle dell'induismo: Karma, desiderio, libidine o passione; Krodha, ira, violenza; lobha, avidità, cupidigia (dal Bhagavad-Gītā). In un interessantissimo studio recente Maria Soresina fa notare che "il sistema punitivo dell'Inferno dantesco diverge in modo sostanziale dagli insegnarne della Chiesa, non è basato sui sette peccati capitali (che informeranno il sistema morale del Purgatorio)". L'etica cattolica prevede un'unica distinzione tra i peccati: quelli veniali, espiati in Purgatorio e quelli mortali, tutti puniti all'Inferno perché tutti "offendono" Dio in eguai modo e non sono previste; gradazioni di pena.
Dante nell'elencazione dei suoi peccati, in cui "l'incontinenza men Dio offende", in qualche modo non è cristiano, lo sostiene non senza ragioni il teologo Hans Urs von Balthasar, autore di un bel libro sul poeta. "Il viaggio dantesco attraverso l'Inferno si fa sulle tracce di Virgilio, non su quelle di Cristo, e sarebbe stato l'unico modo per un cristiano di mettere piede in questo luogo”. Al contrario il poema ha non casuali affinità con il "Libro della Scala" e narra il viaggio di Maometto in Paradiso e in Inferno sotto la guida dell'arcangelo Gabriele, nel quale le pene sono distribuite secondo la regola del contrappasso, tipiche del Purgatorio, mentre nell'Inferno la punizione rappresenta la colpa e ne illustra l'essenza e l'intrinseca realtà. La legge del contrappasso - contra pati, patire il contrario - corrisponde nell'induismo ; legge del karma, legge di causa ed effetto.
Un'altra sistematica presentazione di Virtù e Vizi contrapposto che non corrisponde alla definizione ortodossa del pensiero cattolico è quella di Giotto agli Scrovegni, che ha la Iustitia vs Iniustitia come punto più alto ed insieme più iniquo, ma per queste considerazioni rimandiamo al documentato saggio di Chiara Frugoni.
Questo per dire che la rappresentazioni delle Virtù, inizialmente sette, ma allequali velocemente si affiancano altre Virtù minori correlare, e dei Vizi, la cui classificazione varia secondo dei momenti storici, le influenze culturali e sociali, da una iniziale contrapposizione tra loro, secondo la Psychomachia di Prudenzio, poeta spagnolo del IV secolo, che faceva combattere la Fede con l'Idolatria, Castità e Lussuria, Pazienza ed Ira, Umiltà e Superbia e così via, ovviamente  tornei nei quali trionfava sempre la Virtù, si muovono creando una iconografia basata sulla presenza di attributi particolari, simboli e associazioni di immagini che individuano sia ciascuna Virtù normalmente rappresentata
da una figura femminile, sia i Vizi, in una contrapposizione fisica spesso della bellezza contrapposta a deformità e mostruosità, secondo caratteri che talora derivavano dalla commedia classica o secondo altre complesse connessioni culturali, agli influssi astronomici dei pianeti fino alla definizione dei quattro temperamenti, una forma di prima psicologia.
Talora è invece un'azione e non la personificazione che indica il vizio, come avviene ad Amiens dove troviamo ad esempio che la Disperazione si uccide, l'Idolatria si inginocchia davanti agli idoli, l'Orgoglio cade da un cavallo impennato, la Codardia fugge davanti ad una lepre abbandonando la spada, la Durezza accoglie malamente un servo, l'Incostanza fugge dal convento, la Discordia separa marito e moglie, la Ribellione si ribella al vescovo e l'Impazienza minaccia un monaco a mano armata. In Germania spesso i vizi furono riassunti in un'unica figura femminile: Frau Welt, una donna ridente e lusingatrice, simbolo degli allettamenti del male; a Strasburgo porta alla rovina le vergini folli.
Sia le Virtù che i Vizi vengono inoltre storicizzati legandoli a personaggi della Bibbia, per cui Abramo è l'Obbedienza, Giuditta l'Umiltà, Giacobbe la Pazienza. La Iniustitia di Giotto a Padova, secondo Chiara Frugoni rimanderebbe ad Ezzelino da Romano, e così via. I Vizi vengono anche collegati, nel XIII XIV secolo a certi status sociali, per cui l'Orgoglio è associato ai re, l'Avarizia ai mercanti, l'Invidia ai monaci, l'Intemperanza ai giovani, l'Ira alle donne e così via. Raffigurazioni sociali che si trasferirono e continuarono anche in una iconografia minuta, quotidiana e povera come le carte da gioco e, dopo i grandi Giudizi Universali medievali, le "danze macabre".
Nel Rinascimento abbiamo una sorta di laicizzazione, per cui la teoria astrologica e quella dei temperamenti diventano interpretazioni abituali di figure storiche che vengono a rappresentare Vizi e Virtù, affiancati dal risorgere degli dei della classicità che impersonano così valori o disvalori, spesso sostituendosi totalmente alle iconografie elaborate nei secoli precedenti e più o meno cristianizzati. L'Iconologia di Cesare Ripa del 1593 scritta in volgare e non in latino, come avveniva prima, diventa un modello di elaborazione di immagini non solo profane, ma anche allusive e vicine al sacro.
Per dire insomma che la rappresentazione dei vizi capitali, proprio per l'ambiguità della loro definizione e, persino, del loro numero, diventa un tema straordinario per raccontare le debolezze e la fatica dell'essere uomo, la frammentarietà del nostro essere, la possibilità infinita di aggiornare questa immagine ad una realtà velocemente in movimento, in trasformazione.
Non è più il tempo della scelta quasi luminosa ed olimpica di Ercole "al bivio", simbolo dell'individuo, ma anche del principe che ha davanti le due vie, mentre seduto su di un albero viene sollecitato da due donne, il Vizio e la Virtù, ad intraprendere una strada tortuosa ed aspra che porta a vette lontane ed una piacevole e piena di allettanti incontri. Così del dilemma de il "sogno di Scipione" Emiliano (185.125 ca a.C.), posto anch'egli di fronte alla scelta tra Virtù e gloria e Vizio e piaceri. Oggi si è ben coscienti che, a livello individuale, valori diversi influenzano le scelte personali, compresi impulsi inconsci, in una dimensione psichica difficilmente decifrabile, frantumata e frammentata da rimozioni, interferenze, pulsioni inconfessate ed inconfessabili che nascono da storie pregresse, dalla famiglia e dall'educazione, ma anche in modo misterioso da una genetica nella quale stiamo muovendo i primi passi ancora esitanti.
Ma oggi, è ben chiaro, che non si tratta più di un ambito singolare, individuale, ma che i vizi captali hanno una ricaduta sociale e che essi serpeggiano creando ingiustizie, violenze, sfruttamenti, povertà e morte a livello mondiale: si sono insomma globalizzati come tutto e dunque sono insieme gli stessi, inafferrabili e difficili da definire, ed insieme sono altri, sotto il sorriso di Frau Welt.
Marzio Dall’Acqua

Nota bibliografica
Naturalmente moltissimi sono i testi di riferimento per un completo e complesso sviluppo del tema. In questa sede mi limito ad alcuni titoli che sono serviti al mio saggio indicando le pagine delle relativa citazioni, se del caso, alla cui bibliografia rimando: 
Maria Soresina, Le segrete cose. Dante tra induismo ed eresie medievali, Bergamo, Moretti&Vitali editori 2002, cit. p. 28.
Hans Urs von Balthasar, Dante, Brescia, Morcelliana 1973, cit. pa. 114.
Gianfranco Ravasi, Le porte del peccato i sette vizi capitali, Milano, Mondadori, 2007.
Chiara Frugoni, L'affare migliore di Enrico Giotto e la cappella Scrovegni, Torino, Einaudi 2008.
Giovanni Cucci, II fascino del male: vizi capitali, prefazione di H. Zollner, Roma, edizioni AdP, 2008.
Paolo Scquizzato, L'inganno delle illusioni i sette vizi capitali tra spiritualità e psicologia, Cantalupa (To), Effata, 2010.
Aimone Gelardi, Vizi, vezzi virtù una rivisitazione dei peccati capitali, Bologna, EDB, 2011.

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