Lo Studio (Foto L. L. 2012) |
Sono stato mosso al mondo dell'incisione, in
maniera al quanto elegante, trent'anni fa, da Mario Bellagamba, nome noto tra
gli amanti dell’incisione ed un amico purtroppo scomparso da pochi mesi.
Nel 1983 dipingevo ad olio sul retro del vetro,
alla maniera dei naif slavi, l'immagine risultava per trasparenza con la destra
e la sinistra invertite e contemporaneamente ho iniziato a realizzare graffiti
su cera.
Si può dire che avevo già le impostazioni mentali
per fare incisioni e da allora ho inciso più di 400 lastre.
L’esperienza con la prima lastra fu un disastro,
non avevo protetto il retro, l’acido la corrose quasi a bucarla ma, per
carattere, non mi arrendo facilmente e quindi ho tramutando le difficoltà in
insegnamenti giovandomi anche dei risultati ottenuti con la casualità, tutto è
insegnamento.
Ho provato tutte le tecniche calcografiche e ho
avuto fugaci rapporti
con serigrafia e litografia con una maggiore frequentazione con la xilografia.
Devo confessare però che
quella che mi appaga maggiormente è l'acquaforte che nelle ultime lastre ho
accompagnato con vernice molle, punta secca e maniera nera.
Per più di un anno ho progettato e realizzato solo
incisioni a tre dimensioni perché da qualche tempo cercavo il modo di uscire dall'impronta
bidimensionale della lastra.
Mi sono ispirato ed ho riadattato la tecnica dei
libri animati (da sempre ne subisco il
fascino) con l'incisione; con semplici tagli e piegature
sono riuscito a dare la terza dimensione ai miei lavori, proponendomi però, il
rispetto di alcune regole: un unico foglio, tagli
rettilinei e meno manipolazioni possibili restando attento alla serialità.
Noi incisori siamo una specie
particolare di artisti se non altro, per deformazione professionale, siamo
abituati a leggere da destra verso sinistra, cerchiamo con la monocromia i
colori, utilizziamo tecnologia e materiali già affinati nel ‘500, nel nostro
laboratorio alberga un po’ dello spirito dell'alchimista, abbiamo a che fare
con acqua, fuoco, terra e con l’uso di acidi trasformiamo lastre di metallo in
generatori di immagini.
Quando lavoro sono coinvolto con tutti i sensi;
dall’odore penetrante e aromatico della vernicetta, da quello acre e bruciante
dell'acido, da quello grasso dell'inchiostro; l’udito, che è stimolato dalla
cesoia sul rame che raggela il sangue con il suo stridore e dallo scricchiolio
sotto la pressione del raschiatoio e della punta d’acciaio; il gusto, che tra
tutti, è il senso meno utilizzato eppure, conosco il sapore dolciastro e
spiacevole del rame che rimane in bocca quando si lima e carteggia e poi, i due
sensi imprescindibili, il tatto e la vista.
Qualcuno mi ha chiesto se non ci si stanca di fare
l’incisore per così tanto tempo; rispondo che non basterebbero tre vite per
approfondire tutte le possibilità, è una continua occasione per nuove ricerche
e scoperte, anche solo rimanendo dentro i confini dell'incisione originale.
Naturalmente non ho la minima simpatia per la
computer grafica.
Dal 1988 eseguo ex libris ma non ricordo come sia inciampato in questa sparuta nicchia del pur già
ristretto mondo dei "conoscitori di
stampe".
L’ex libris mi è servito per allargare i confini e
far conoscere i miei lavori nelle varie manifestazioni a tema organizzate in
varie parti del mondo, mi è servito per allacciare conoscenze che in molti casi
si sono trasformate in amicizia.
Spesso ho utilizzo l'ex libris per sperimentare in
piccolo nuove tecniche e metodologie, un po’ per mettermi alla prova ed un po’
per mettermi in gioco con tematiche a me non troppo vicine riprogettando poi su
lastre di grande formato.
Lanfranco
Falconara
Marittima, Febbraio 2013
Alcune note biografiche nella loro schematica convenzionalità sembra che siano finalizzate a nascondere piuttosto che a fornire utili notizie per la conoscenza dell’artista. Si può discutere sulla opportunità di distinguere l’interesse rivolto all’artista inteso come creatore dell’opera d’arte rispetto all’uomo che vive nella realtà quotidiana1 ed è vero che in alcuni casi l’aneddoto può costituire uno spunto significativo che aiuta a delineare la personalità più a fondo di quanto sia possibile con altre fonti. Mi accosto sempre con pudore alla vita privata degli artisti e non sono propenso a divulgare quello di cui vengo a conoscenza, non perché lo ritengo irrilevante ai fini della corretta ricostruzione storica della biografia, ma il rischio di scadere nel pettegolezzo è troppo alto perché valga la pena di tentarlo solo per quel tocco di colore aggiunto alla biografia “ufficiale” allo scopo di mostrare anche le umane debolezze, inoltre non colleziono biografie come vite impagliate, ma le divoro crude nel preciso momento che sono offerte.
C’è
un particolare aspetto della vita di Lanfranco Lanari che privato non è perché
reso pubblico da una mostra che riguardava la sua collezione di incisioni
antiche2.
Gli
incisori, forse più di altri artisti, amano possedere e ricercano fogli di
altri autori, soltanto pochissimi però possono dirsi collezionisti nel
significato pieno della parola cioè mossi da quelle ragioni profonde che la
micropsicoanalisi ha da tempo individuato. Lanari è mosso da autentica
passione, l’impegno nella ricerca di antiche stampe non è diverso dall’impegno
nell’incidere le sue lastre, gli interessi si sono sviluppati parallelamente e
partecipano del medesimo sentimento: «...amo il mio lavoro anche grazie ai
fogli dei maestri del passato più o meno recente»3 .
Parlare
della collezione di stampe di Lanari vorrebbe dire ripercorrere la storia
dell’incisione fin dalle origini, invece qui si vuol parlare dell’arte di
Lanari incisore e questo inizio che può apparire così strano restituisce il mio
approccio anomalo, infatti ho conosciuto Lanari prima per la sua collezione e
successivamente per le sue incisioni.
Essere
contemporaneamente incisore e collezionista non so quanto possa fare differenza
sul piano strettamente artistico, certamente dice molto rispetto alla
sensibilità e alle conoscenze tecniche e culturali.
Mi fa particolarmente piacere dedicare un post a Lanfranco Lanari che, nato ad Ancona nel 1953, a Trent'anni si appassiona all'incisione, ne sperimenta tutte le tecniche preferendo quelle calcografiche e festeggia proprio quest'anno i suoi primi trent'anni di attività artistica avendo inciso, prevalentemente all'acquaforte, più di 400 lastre.
Il
dichiarato interesse di Lanari per l’arte popolare e naïf si traduceva nelle
prime opere, soprattutto in alcune illustrazioni di antiche filastrocche4, nella scansione a scomparti
della lastra che riprende così l’impostazione dei teleri dei cantastorie, ma
già in lavori di poco successivi si possono cogliere riferimenti all’arte
“colta”: Girotondo nel bosco del 1993
e Tramonto nel bosco del 1995 mi
sembra si possano porre in riferimento alla Caccia
notturna di Paolo Uccello, e La via
di fuga del 1995 rievoca certe atmosfere alla Friedrich.
TRAMONTO NEL BOSCO, 1995. Acquaforte e acquatinta 492 x 347 |
Tecnicamente
queste incisioni sono caratterizzate da un disegno al tratto di acquaforte con
campiture uniformi di acquatinta. Sinceramente, in generale, questo modo di
combinare le due tecniche, anche in altri artisti, non sempre mi convince,
evidentemente per Lanari si trattava di una fase necessaria a maturare la
scelta che lo porterà ad accantonare l’uso dell’acquatinta a favore di
un’immagine tutta segnica.
IL LECCIO, 1994. Puntasecca 138 x 138. |
Il
paesaggio marchigiano che compare stilizzato in alcune delle prime incisioni di
Lanari (Monte Domini, acquaforte e acquatinta; Il leccio, puntasecca del 1994) ritorna, a volte, come contesto
delle visioni fantastiche, ma c’è di nuovo che le sostanze dell’universo
risultano intercambiabili: è così tra acqua e cielo, tra l’immagine e il
riflesso… Lanari mette in atto un continuo processo di trasmutazione, pertanto
lo avrei visto bene a Praga alla stravagante corte di Rodolfo II, incidere e
dare alle stampe le sue lastre in una bottega del “Vicolo d’Oro”. Così non è
solo un caso il sodalizio con l’incisore ceco Dušan Urbanik e proprio Praga fa
parte della serie “Città Magiche”
degli inizi degli anni novanta5 , vedute caratterizzate da una rappresentazione frontale, senza
delimitazione di uno spazio prospettico come ricomposte in un’altra dimensione
del tempo artistico.
PRAGA, 1994. Acquaforte e acquatinta 290 x 298 |
Il
Big bang dal quale è scaturito
l’universo di Lanari coinvolge la tecnica, il linguaggio e la visione del
mondo.
Adesso
tratteggi regolari all’acquaforte s’incrociano individuando figure sempre prive
di contorni nettamente delineati.
La scelta è correlata a significative
motivazioni espressive: è come se la curiosità di esplorare il mondo
percorrendo i sentieri delle fiabe lo abbia spinto a scovare un varco, un punto
di affaccio, oggi si direbbe un “portale”, su un altro mondo parallelo,
misterioso e stimolante che solo con i semplici segni incrociati
dell’acquaforte si può restituirne la magica suggestione.
IL SOGNO DEL VELIERO IN BOTTIGLIA, 2001 acquaforte, 160 x 410 |
|
Evitando di riportarne
l’elenco non intendo sostenere che tutto questo sia solo futile vanità o
folklore che ogni arte porta inevitabilmente con sé, ma che, anche senza alcuna
medaglia la valore artistico, la sua opera, per me, manterrebbe intatto tutto
il suo interesse.
L’incisione “fantastica”,
per riprendere una definizione cara a Paolo Bellini, ha in Italia significativi
interpreti, non altrettanto significativamente apprezzati in patria, e sarebbe
di buon auspico che con Lanari s’iniziasse una serie di presentazioni di
artisti che sviluppano tale tematica ed ho evitato volutamente l’espressione
“ricerca” tanto cara a chi vuol darsi un tono di contemporaneità: gli artisti
che mi interessano non ricercano per il semplice fatto che non hanno smarrito
nulla e conoscono bene il territorio che attraversano.
IL PESCATORE, 2004
Acquaforte, 300 x 240
|
Benché
creazioni della facoltà immaginativa dell’artista le recenti visioni di Lanari
presentano molti aspetti di concretezza reale, esistono davvero: esistono nella
mente e nel cuore dell’autore, esistono nel foglio stampato, esistono per noi
che le osserviamo. Non si tratta di subitanee visioni frutto di un moto
dell’anima, di una momentanea eccitazione della facoltà immaginativa che dà
origine a ogni genere di sfolgoranti immagini mentali in continuo e rapido
mutamento. Lanari sembra invece raffigurare un mondo che conosce bene, che vede
con i suoi occhi e che raffigura nel modo più fedele possibile. Si può davvero
percorrere in equilibrio un fascio di luce e la disponibilità nei confronti
dell’inaspettato possiamo definirla, con la formula mutuata da Coleridge, come
la «sospensione dell’incredulità» da parte di un osservatore complice.
Qualunque suspension of disbelief
opera come una tregua nel duro, implacabile assedio che il determinismo fa
all’uomo. In tale tregua Lanfranco Lanari ordisce la variante della sua
concezione dell’universo. Un universo ordinato, mai caotico, popolato da
creature, oggetti e personaggi noti, ma dalla condotta nuova e imprevedibile.
TORRE DI BABELE, 2008
Acquaforte punta secca mezzo tinto, 630 x 300
|
Un
tema che ricorre di frequente e quello della torre, i significati simbolici
sono quelli tradizionali: dalla concretezza muraria dell’archetipo della “Torre
di Babele”, all'aereo intreccio di canne di
PER ABBATTERE MURI E COSTRUIRE PONTI
Acquaforte e punta secca, 2010
|
bambù evocato da “Per abbattere muri e costruire ponti”,
alle “Torri fantastiche” dove con tagli e pieghe operate sulla stampa si tenta il superamento della bidimensionalità del foglio.
La soluzione è resa più evidente nella diversa
inquadratura di “Palazzo d’Occidente”.
PALAZZO D’OCCIDENTE, 2012. Acquaforte, 100 x 100 |
Si
ipotizza una diversa concezione dell’incisione configurando un “al di là” del
mero segno grafico che in questi lavori più recenti, pur mantenendo intatta la
riconoscibilità della mano, identifica anche una ulteriore variazione
stilistica.
TORRI D’ORIENTE, 2011
acquaforte e puntasecca
|
L’arte
del fantastico declinata da Lanari esige sempre uno sviluppo temporale
ordinario, la sua irruzione altera istantaneamente il presente, ma la porta che
dà sull’ingresso è stata e sarà la stessa nel passato e nel futuro. Egli usa i
segni di un linguaggio verosimile, d’uso comune, ma nel contempo, per
sottrazione di senso, ne suggerisce le precarietà. L’equilibrista che spesso
compare nelle sue incisioni altri non è che l’artista stesso, perché l’artista,
nella concezione di Lanari, non è mediatore, tramite o messaggero, ma come il
poeta e il funambolo è creatura in bilico, che vive nel rischio di una perdita
immanente.
Sarebbe
superficiale considerarlo solo un gioco ironico, forse c’è anche il gusto per
la maschera e il travestimento utile a dissimulare reconditi segreti; forse
sono il simbolo della crescente incertezza dell’uomo che si scopre creatura
fragile ed evanescente in un mondo sempre più virtuale e insicuro, che non è
più fatto per accoglierlo, che sfugge come un enorme stancante labirinto.
Ritorna
la tragica definizione di Pindaro che ebbe tanta risonanza nel Barocco: cos’è
la vita se non un’illusione, una fantasia che l’uomo si costruisce?
Clemente Del Buono
NOTE
1) E. Kris, O. Kurz, La leggenda dell’artista, Vienna 1939,
Ed it. Torino 1989.
2) Da Dürer a Goya. Incisioni di Antichi maestri da due
collezioni private
marchigiane.
Accademia Raffaello, Urbino 2003.
3) L. Lanari, Da Dürer a Goya. Op. cit., p. 87.
4) L. Mozzoni, “...oca badessa anatra contessa...”
Ed. L’asterisco, Jesi 1992.
5) P. Zampetti, Le incisioni di Lanari. L’asterisco.
Jesi 1996.