martedì 11 giugno 2013

J’ACCUSE (moi-même)

L’autenticità di un artista è innanzitutto nella sincerità con sé stesso. L’artista deve sempre rispondere a quello che sente, mai costringersi a rappresentare quello che non sente. Supponiamo che un artista in un determinato momento provi la sincera necessità di occuparsi con la sua arte della crisi economica che attraversa il paese. Deve farlo! Se non lo fa tradisce sé stesso. Se invece (perché questo gli piace, o perché sente che è il suo desiderio più profondo) ha voglia di rappresentare il proprio orto che vede dalla finestra perché ha seminato cavoli e in quel momento i cavoli occupano i suoi pensieri, è giusto che li rappresenti. Se in quel momento, lui che ha i pensieri occupati dai cavoli (i cavoli suoi) si obbligasse a comporre un opera sulla situazione di crisi economica, realizzerebbe un’opera falsa, anche se, grazie al mestiere, potrà risultare ben composta ed eseguita.

Fatta questa premessa prendo a pretesto i cataloghi pubblicati in occasione della terza edizione del “Premio Santa Croce, ex libris e piccola grafica”, la cui mostra è stata allestita presso il Centro per le Arti Contemporanee di Villa Pacchiani dal 12 Gennaio al 17 Febbraio, e della Prima Biennale dell’incisione Italiana Contemporanea intitolata a “Carmelo Floris” allestita ad Olzai dal 6 Ottobre 2012 al 6 Aprile 2013.
Sia chiaro che non scrivo per attribuire meriti all’una o all’altra, anche se sono rilevabili significative differenze:
- tanto attenti, ordinati e puntigliosi nell’organizzazione e nel rapporto con gli artisti sono apparsi i curatori di Olzai / quanto “frettolosi” (per limitarci a un affettuoso eufemismo) sono risultati i dis-organizzatori di Santa Croce;
- rigorosamente italiana con una concezione regionalistica la “Biennale di Olzai” / esterofilo piuttosto che internazionale il “Premio Santa Croce”;
- diversissimo infine il modo di concepire i “premi”, e si potrebbe continuare…
L’analogia che accomuna le due rassegne riguarda gli artisti e poiché ritengo che non sia una conseguenza delle scelte dei rispettivi curatori, è a loro, cioè agli artisti incisori, che mi rivolgo direttamente, mi limito agli italiani volutamente generalizzando e ignorando pretestuosamente eventuali eccezioni a quanto sto per sostenere.
Gli incisori italiani invitati nelle due rassegne sono (quasi) tutti ben noti, dal punto di vista generazionale vanno da 35 a 87 anni d’età (in pratica sono rappresentati tutti i gradi di classificazione degli artisti in carriera).
Tutti (quasi, ma non lo ripeterò più) con un riconoscibile linguaggio espressivo e un percorso artistico lungo e consolidato. Mi sembra fin troppo “consolidato”, tanto che sarei più portato a dire “cristallizzato”.
Per dirla in maniera più diretta se invece di essere l’edizione del 2013 fosse stata quella del 1993 (vent’anni addietro) e, a parte le ovvie ragioni anagrafiche, per qualcuno anche del 1983, riconosceremmo gli stessi artisti con i medesimi temi e identico segno.
Coerenza direte voi, io non ne sono più tanto sicuro.
Vent’anni nei quali abbiamo assistito a sconvolgenti cambiamenti, bastino ad esempio quelli dei mezzi e sistemi comunicativi, eppure nella totalità degli incisori italiani contemporanei (ho mantenuto la promessa di non precisare più “quasi”) si registra una rassicurante ripetitività, non un minimo sussulto, è come se, per riprendere la metafora iniziale, si avessero in mente sempre e solo i “cavoli” propri.
Stiamo vivendo la maggiore accelerazione delle comunicazioni e la più grave crisi economica. Si sente spesso dire che i momenti di crisi possono costituire anche delle occasioni per “forzare” quel cambiamento che in una fase tendenzialmente positiva non avrebbe motivo di attuarsi.
È il discusso ruolo sociale dell’artista che si offre ancora al dibattito, ma anche a limitarci agli aspetti prettamente artistici, all’opera d’arte in relazione al suo tempo, occorrerà un altro post con specifiche considerazioni per chiarire le possibili relazioni tra i linguaggi dell’incisione e lo zeitgeist nelle sue molteplicità.
Qui ed ora mi limito a rilevare che la questione centrale non consiste nell’invenzione di segni inattesi ma nel ritrovamento di relazioni nuove e ogni linguaggio può risultare attuale se – come diceva Orazio nell’Ars poetica - “un accostamento inconsueto farà di una parola conosciuta una parola nuova”.
In questo momento storico in cui non c’è più alcuna forzata esigenza di mantenere la coerenza stilistica funzionale a quel riconoscimento immediato imposto dal mercato che è praticamente inesistente, poiché la più alta tiratura che un incisore può realizzare è quella del bigliettino d’auguri da scambiare con gli amici, ripetere gli stessi modi e gli stessi temi è come fare la calza in modo meccanico.
Se la premessa iniziale dichiarava tutta la mia comprensione per le personali scelte creative, si insinuano dei dubbi quando nel lungo periodo risulta che qualcuno ha rappresentato sempre e solo i cavoli propri dalla semina al raccolto alla cottura nelle diverse possibili ricette fino alla digestione e… ché sempre cavoli...
Risparmiatemi il tentativo di replicare facendo riferimento alla bottiglieria di Morandi, il paragone non regge ed è inappropriato. Se si contestualizza storicamente la sua opera (di Morandi intendo) risulta rivoluzionaria non solo perché delineata in contrasto con la retorica di quel tempo, ma anche rispetto a certe soluzioni di oggi, garbate, certo, tecnicamente impeccabili, ma per lo più noiose e spesso banali, incapaci di accendere una scintilla di curiosità e interesse.
Proprio gli artisti più consolidati, più coerenti e con la personalità più forte dovrebbero sempre, in certo qual modo, rischiare qualcosa. Altrimenti, porca puttana, a che scopo essere artisti? Solo per morire un giorno di troppa coerenza? Sorte maledettamente desolante…
Oggi, più che mai, sembra che negli incisori italiani abbondi il “pusillanimerismo” in senso estetico principalmente e anche etico.
La pusillanimità è qualcosa di insano.
Non ho la ricetta individualizzata per ciascuno né un decalogo generale da suggerire a tutti. Sento solo che così non può andare.
L’artista con la precisione di un sismografo dovrebbe registrare le minime scosse che si verificano al margine della sua esistenza e della sua coscienza, prendere nota delle fenditure e dei corrugamenti che vengono a prodursi sul terreno dei suoi pensieri e delle sue emozioni.
Provate!
Osate!
Cosa avete ormai da perdere?
È solo una mia geremiade?
Forse la mia percezione è condizionata da molti fattori, per questo accuso innanzitutto me stesso.

26 commenti:

  1. Inviterei la Signora-Signorina, Dottoressa o Esperta in Arte dell'incisione a leggere e rileggere quest'ultimo Post in risposta al Suo commento del 21/11/2012 nel Post"PRIMA BIENNALE DELL'INCISIONE ITALIANA-CARMELO FLORIS- Totò

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  2. Non c’è troppo rigore e intransigenza? Vorrei proprio conoscerli i nomi degli incisori tanto sensibili alle problematiche della contemporaneità.

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  3. Di certo non sono gli autori delle stucchevoli incisioni fotografiche con “nature morte” o paesaggi boschivi o con lagune o cascine innevate.

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  4. E poi, non è questione di "coerenza", si tratta semplicemente di incapacità a sviluppare pensiero e forma che siano rappresentativi della propria personalità e del mondo in cui viviamo. Gli orticelli e le naturine morte reiterate, sono morte come loro. In Italia, conosciamo tutti quante foglioline ha inciso una famosa inciditrice all'acquaforte....
    Pace e bene a tutti.

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    1. Caro Cagliostro, la famosa inciditrice (quella che secondo alcuni ha inciso la neve meglio di Durer e di Rembrandt !) ha fatto molti proseliti in Italia, prosecutori e imitatori di una scialba e monotona sequenza di orticelli, fringuelli e alberelli, purtroppo, significativamente rappresentativa di gran parte della realtà artistica e incisoria italiana, quella che non disturba gli animi ignari e inconsapevoli ! Ma che barba....

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    2. Invece quelli che ripetono lo stesso volto controluce o le ciotole finte incise (perché sappiamo che sono dipinte direttamente sul foglio) o le ali spennacchiate… sarebbero all’avanguardia?

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    3. Quella della presunta "coerenza" che nasconde una incapacità di rinnovarsi e cercare nuove soluzioni, vale anche per coloro che non si dedicano alla frutta e verdura, ma perseverano nel ripetere le stesse forme e gli stessi schemi all'infinito, che diventano un "marchio" di fabbrica dell'autore.

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  5. Scagli la prima pietra chi ritiene che le proprie incisioni siano, per linguaggio e contenuti, originali espressioni della cultura contemporanea.

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    1. Non è certo compito dell'artista, a parte i megalomani, autoelogiarsi nel considerare la propria opera incisoria come alta espressione della contemporaneità (anche se in fondo alcuni ne sono consapevoli).

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    2. Non so se le mie incisioni sono espressione della cultura contemporanea e sinceramente non mi interessa saperlo, desidero soltanto poter continuare a realizzarle senza dover lapidare nessuno e soprattutto senza essere lapidato perché non piacciono a qualcuno.

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    3. Calmiamoci! Penso che tutti abbiamo diritto a svolgere la propria amorevole passione artistica, nel bene e nel male. Agricoltori, pescivendoli,ferrovieri, poeti, artisti "strampalati" eccetera...eccetera. Fare osservazioni, o critiche del tipo costruttivo, caro Paolo, non vuol dire, nel mio caso, vantare il proprio lavoro ritenendomi superiore ad altri, o ancora peggio, dichiararsi "ARTISTA"-merito che non mi sono MAI attribuito. Penso anche che lo scopo di questo Blog è quello di dare, energiche strattonate ad alcuni organizzatori, o alle forme organizzative. L'invito a vedere il film " Il Servo Ungherese" è sempre valido. Totò.

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  6. Questo post vuol essere “più realista del Re”: si pretende che gli incisori italiani siano in grado di sciogliere un nodo che invece gli artisti in altri campi dell’arte contemporanea tendono a rendere ancor più aggrovigliato.

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    1. L'artista lavora per sé stesso, ma nello stesso tempo si pone come avanguardia di idee, di nuovi modelli, di forme originali che penetrano nella realtà sociale e stimolano a una diversa visione del mondo. Ci sono artisti che offrono tali stimoli e suscitano emozioni e pensieri non banali, diversamente da coloro che si limitano a rappresentazioni melense e ripetitive (di hobbisti è pieno il mondo), per i quali l'arte è solamente "tempo libero".

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    2. Sono perfettamente d'accordo con te. Aspetto ancora qualche commento, fuori luogo della Signora(ina) Francesca Mereu e a quanti, come lei, hanno sempre risposto ai miei commenti, per invitarla, rispettosamente, a visionare un film: "IL SERVITORE UNGHERESE". Totò.

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  7. Questo post è un attacco diretto agli artisti, eppure tutti sembrano d’accordo, ciascuno ritenendo che riguardi l’opera degli altri, ma non so se si tratta di presunzione o ingenuità.

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    1. Ma allora....tutti sono artisti ?

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    2. C'è Arte e Artigianato, Artista e Artigiano. MAH!

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    3. Forse, Andrea, è solo quella “ingenua presunzione” che caratterizza gli artisti sinceri?

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  8. Questo post può offrire l’alibi perfetto a tutti coloro che non avendo nulla da dire rincorrono trovate in nome di una velleitaria “Ricerca”.

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  9. Se chi fa incisone di ricerca non ha nulla da dire cosa avrebbero da dire tutti quelli che seguono quel pedante professore torinese che riproduce ad acquaforte le foto di noiosissimi interni piccolo borghesi?

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  10. Il dibattito è interessante anche se certi commenti sembrano riportare a certe contrapposizioni tra tendenze artistiche che ritenevo superate.
    Se la definizione di “Incisione Fantastica” ha un qualche fondamento, forse è il filone meno condizionato dall’usura del tempo e in grado di offrire una lettura non sorpassata della realtà contemporanea.

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  11. La definizione di "incisione fantastica" è aria fritta, come tutte le altre definizioni. L'arte deve liberarsi dai luoghi comuni per essere se stessa ed esprimere un libero pensiero dell'individuo che vive e "segna" il proprio tempo.

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    1. Quindi tutte le categorie estetiche, le classificazioni stilistiche, i movimenti… sarebbero “luoghi comuni” e tutta la Storia dell’Arte sarebbe “Aria Fritta”?
      “L’Arte per se stessa” è solo il rifugio per chi vuole eludere ogni confronto e dove il tanfo di “Aria Fritta” risulta insopportabile.

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    2. Le categorie e le classificazioni di comodo sono state spesso inventate dai critici, sovente a posteriori.
      Tutti possono "esprimersi", tuttavia molti hobbisti (quelli presuntuosi) si fregiano di appartenere a questo o a quel movimento, illudendosi di far parte del mondo artistico...(c'è sempre qualcun'altro che ci crede).
      Ma di questi individui, l' Arte può fare benissimo a meno.

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    3. E' chiaro che il sig. Caldara non è un artista.

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    4. Si ritiene che se non prevalessero le distorsioni dell’attuale sistema dell’arte, critici e storici non avrebbero di che scrivere senza le opere create dagli artisti, tuttavia per quanto qualche artista si illuda di essere un puro spirito creativo non c’è chi (hobbista o professionista) sia immune dalla vanità della recensione, della presentazione, dell’invito alla mostra, della pubblicazione…

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