Ci ha colpito la sincerità delle parole e ci siamo fatti autorizzare a pubblicarne la
e-mail. Non sappiamo quanto la riflessione in sé possa considerarsi esemplare di un modo di intendere l'arte, ma riteniamo che la testimonianza vada oltre le intime considerazioni esistenziali e possa indurre un momento introspettivo.
Il senso di disorientamento che mi accompagna ormai da diversi anni è straripato leggendo i commenti al post "Ma dov'è questa crisi...": le osservazioni sul mercato dell'arte e sui prezzi; lo snobismo verso l'incisione da parte di qualcuno e l'orgogliosa difesa da parte di altri... Anch'io avrei voluto inserire questa mia considerazione come commento, ma è risultata troppo lunga e adesso mi sembra anche inappropriata, così ve la invio come una riflessione personale.
Da sempre mi esprimo con i tradizionalissimi mezzi della pittura, del disegno e dell'incisione perché non saprei fare altro, ho rinunciato al tentativo di discriminare cosa è arte e cosa no, semplicemente, per quanto mi riguarda, l'arte concettuale, le installazioni e le performance non mi sono congeniali, pertanto sono sempre stato rassegnato a rimanere fuori da un certo giro della cosidetta "arte contemporanea".
I miei rapporti con il mercato sono stati mediati da un amico gallerista che proponeva i miei lavori, procurava le commissioni per qualche tiratura e ha organizzato anche qualche mia mostra personale; per il resto la partecipazione a qualche collettiva, ai concorsi di incisione... tanto mi bastava, non ho cercato di stabilire altri contatti commerciali anche perché non sforno lavori a ciclo continuo.
Quando l'amico gallerista è venuto prematuramente a mancare il mercato dei miei lavori si è azzerato e questo accadeva poco prima della congiuntura economica alla quale si attribuiscono tutti i problemi attuali.
Inizialmente ho provato a contattare qualche galleria, l'idea di fare adesso quel che non sono stato capace di fare da giovane andando in giro col "book" per far visionare i miei lavori non mi sembrava credibile alla mia età, le gallerie cosiddette di tendenza non sono interessate ai miei soggeti, così pare che restino le gallerie che solo a pagamento sono disposte ad esporre e tenere lavori in conto vendita. Forse non è ovvio dire che non ne ho fatto niente, così come non ne ho fatto niente del suggerimento di entrare a far parte di una associazione perché non sono per nulla convinto che la visibilità che le associazioni sembrano consentire sia di una qualche utilità.
Mi capita ancora di vendere, in proprio, qualche lavoro, ma è un compito che mi procura più fastidio che guadagno: in questo ruolo o sei un abile venditore o sei uno stupido e io ho passato la vita a dimostrare che sono un inguaribile stupido.
Per me tutto gira intorno alla mia opera, buona o scadente che sia perchè non escludo la possibilità che tutto dipenda dal fatto che la qualità artistica dei miei lavori non sia adeguata, non ho mai smesso di chiedermelo, anche se non sono mai riuscito a darmi una risposta rassicurante, e non ho mai smesso di lavorare perché quando dipingo o disegno o incido mi sento in una condizione di benessere: i problemi quotidiani per un po' si allontanano, dimentico i malesseri esistenziali, è una sorta di oblio di sé anche quando il soggetto mi porta a scrutare i miei lati oscuri, tutto il resto della vita ha per me un interesse secondario.
Probabilmente dovrei ritenermi soddisfatto di questo effetto terapeutico dell'arte, considerare che, già di per sé, la possibilità di fare arte è una mirabile ricompensa, ma per che cosa?
Sento che qualcosa non va e non so dire da cosa propriamente dipenda quel vago senso di cronica insoddisfazione e inadeguatezza che mi accompagna.
Cordiali Saluti
X. Y.
Da questo post e anche da altri precedenti sembrerebbe che si possa arrivare al top dell'arte contemporanea solo se si fanno installazioni, ma basterebbero i nomi di Paladino, Cucchi e molti altri che si esprimono con tecniche tradizionali. La "Hit Parade" dell'arte si misura su tempi molto lunghi: per me tra i primi dieci c'è l'anonimo "pittore" delle grotte di Lascaux.
RispondiEliminaCito dal libro "La figlia" che sto leggendo: "...Vissi, ma l'acqua non spense mai la mia sete né alimento saziò mai la mia fame, poiché ogni giorno provavo la medesima fame e la medesima sete, così come tutti i giorni tornavo a casa dai campi, sempre uguale ma diverso..." Per me vorrei che il mio rapporto con l'arte fosse qualcosa di simile.
RispondiEliminaIo invece sto leggendo "Luce d'estate" di Jòn Kalman Stefànsson dove ho trovato il mio senso dell'arte: "Parliamo, scriviamo, raccontiamo di piccole e grandi cose per cercare di capire, di arrivare a qualcosa, di afferrare l'essenza che però si allontana sempre più come l'arcobaleno... la ricerca stessa è lo scopo, il risultato ce ne priverebbe... è la ricerca che ci insegna le parole per descrivere lo splendore delle stelle, il silenzio dei pesci, il sorriso e lo sconforto, la fine del mondo e la luce dell'estate".
EliminaSulla sensibilità artistica consiglio la lettura di "Guanciale d'erba" di Natsume Soseki, scritto nel 1906, è stato pubblicato in Italia per la prima volta nel 1993 dalla casa editrice "L'Ottava" di Franco Battiato. È la metafora del viaggio di ogni uomo alla ricerca di se stesso, il punto di vista è quello di un artista orientale, pittore e poeta, che dipinge all'occidentale conservando una concezione mistica dell'arte.
EliminaVisto che è stato ricordato Battiato riporto quello che lui stesso ha scritto sulla sua attività pittorica: "... perseguo, anacronistico e ridicolo: il miglioramento. Una volta, pensavo che la mia totale incapacità nel disegno dipendesse dalla mancanza di una naturale predisposizione, come nel caso di uno stonato che non riesce ad emettere la stessa nota che ha in testa. Col tempo ho scoperto invece che avevo un’idea astratta, archetipa, dell’oggetto che osservavo: quello che mi mancava era la possibilità di coglierlo nella sua esatta forma. Per analizzare praticamente questo genere di chiusura iniziai a dipingere, per pura sfida: questa terapia riabilitativa mi sta privando di quel difetto, pilastro di certa consacrata pittura moderna."
EliminaAncora l'arte come "terapia", anche l'autore del post ci comunica la sensazione di benessere che prova quando si dedica all'arte, ma cosa importa lo stato d'animo con cui si lavora? Le migliori intenzioni non riscattano, di per sé, la qualità intrinseca di un'opera.
EliminaL'inadeguato è sempre sulla buona via!
RispondiEliminaDiciamocelo chiaramente: sono le considerazioni di uno sfigato depresso con velleità artistiche.
RispondiEliminaEcco l'animo vile pronto al disprezzo, non credo che si possa giudicare così e ogni derisione è ingiusta. È tutto molto complicato ed io ho terminato la grappa per questa notte etilica di Agosto.
EliminaSono consapevole che da anomino non avrò alcuna credibilità se affermo che le mie capacità di disegno equivalgono a quelle musicali di Battiato e che quando canticchio strimpellando la chitarra non sono peggiore di quando Battiato dipinge. La pluralità di interessi è la linfa della creatività, ma cerchiamo di non enfatizzare indifferentemente i risultati in ogni campo. Eppure Battiato ha esposto i suoi dipinti in spazi prestigiosi preclusi a molti artisti, mentre io mi esibisco solo tra amici e un bicchiere di vino: la notorietà compensa e consente proprio tutto?
RispondiEliminaLe parole di Anonimo dimostrano quanto sia difficile coltivare una passione in modo veramente disinteressato senza caricarla di rivalse: se non i soldi di certo l'orgoglio, il prestigio, la notorietà. Battiato ci riesce, Anonimo no ed è questa la differenza che non ha saputo cogliere.
EliminaIl blog ci invita all'introspezione: vaff... l'introspezione, non voglio auto-psicanalizzarmi. Quando mi va incido una lastra, ne ho viste e sentite tante per sconfortarmi se a qualcuno non garbano i miei risultati.
RispondiEliminaMaurice Utrillo iniziò a dipingere per "prescrizione medica" con le prime indicazioni tecniche ricrvute dalla madre e nel giro delle sue conoscenze di certo non mancava chi poteva dargli consigli. Pensate che fosse preoccupato dai riscontri di mercato e di critica? Più spesso di quanto si creda l'arte è un modo per colmare il vuoto della vita, che poi qualcuno riesca a trarne anche un guadagno economico è solo un effetto collaterale e, in fondo, marginale.
RispondiEliminaVi sono anche altri modi di impegare il tempo che hanno un effetto terapico e non so se accade anche con essi, ma di certo con l'arte dopo un po' scatta la voglia di far vedere i propri progressi, così non è come se dopo una cura uno andasse in giro a far vedere i valori ottimali dell'analisi delle urine?
EliminaTerapeutico, per X.Y., deve essere stato scrivere la sua considerazione e inviarla al blog che l'ha pubblicata non essendoci in estate niente di meglio da postare, ma non poteva avviare alcuna riflessione, perchè chi concepisce l'arte con lo stesso stato d'animo di X.Y. non gli occorre che qualcuno gli ricordi le tensioni che vive costantemente e per tutti gli altri, come dimostrano alcuni commenti, tale concezione è inconcepibile e inimmaginabile.
EliminaMourinho, l'allenatore, (cosa c'entra? Vi starete chiedendo) sostiene che chi si interessa solo di calcio non sarà mai un grande calciatore, a maggior ragione vale per gli artisiti di ogni campo (non solo di calcio).
RispondiEliminaCantanti che dipingono, attori che cantano, pittori che fanno i registi...il confine tra eclettismo e dilettantismo è sottilissimo: pubblicamente si apprezzano, ma sinceramente il più delle volte fanno cagare.
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