mercoledì 2 marzo 2011

INCISIONE vs STAMPA


Richard Müller,
Todeskampf (lotta con la morte)
Acquaforte, 1913















Nel numero 3 del 2010 di “Printmaking Today” in un articolo che presentava il nuovo gruppo dirigente che guiderà la Triennale di Cracovia dopo la morte del fondatore Witold Skulicz, mi ha colpito la seguente affermazione: «The era of printmaking being restricted to modest format works in traditional tecniques, framed being glass, has gone –although such works will of corse always be made and should continue to accepted in international competitions. At the same time, works that are callenging in form, size and medium will be created, particulary by the new and emerging generations of artists.»
In sostanza: l’incisione tradizionale di piccolo formato “è andata” (l’espressione rende anche tradotta alla lettera), qualcuno continuerà a praticarla e potrà essere accettata nei concorsi, ma l’interesse sarà per le nuove tecniche. Nel prosieguo dell’articolo si aggiunge che l’unica condizione sarà la riproducibilità, anche solo nella forma di un file digitale, senza inoltre escludere le possibilità di modellazione computerizzata in 3D.
Chi fosse interessato a partecipare alla prossima edizione del 2012 potrà regolarsi.
Basta qualche clik in Internet per farsi un’idea dello stato dell’arte dell’incisione nel mondo.
Trovare una piccola acquaforte incisa con un bel segno e stampata in nero, di quelle che mi fanno trattenere per un attimo il respiro dall’emozione e, avendola tra le mani, sfiorarne il rilievo dell’inchiostro, magari decidendo di averla sempre sott’occhio incorniciandola (cosa che i curatori di Cracovia aborriscono) è una rarità; stranamente è più facile imbattersi in virtuosi dell’incisione xilografica, se si riesce a districarsi tra ibridazioni tecniche in piano, in cavo e in rilievo…, colore colore colore…, uso diretto delle matrici per installazioni (non per trarne stampe)… e soprattutto immagini elaborate o create al computer e stampate in digitale. Segnalo infine, a titolo di cronaca, che nello stesso numero della rivista è illustrata la realizzazione di una xilografia incidendo la matrice di legno tramite un intagliatore laser digitale dopo averne acquisito l’immagine al computer.
Si resta un po’ storditi, con quel senso di nausea che prova un amante dei piatti della cucina regionale nel sentir parlare di “cucina molecolare”.
A scanso di equivoci, la sempre invocata libertà di espressione dell’artista non è minimamente in discussione e neanche la scelta di mezzi, strumenti e tecniche, sono i risultati del processo creativo ad essere valutati, rispetto ai quali la tecnica non è mai indifferente, e non si tratta neanche di contrastare il progresso, qui rivendico le mie preferenze, se non altro di gusto, rispetto ai linguaggi e i contenuti.
Non mi sembra che in Italia ci si sia già spinti a tanto (risulteranno utili segnalazioni in merito), i più spregiudicati usano il carborundum e la collografia, e le rassegne, piccole e grandi, impongono la clausola sull’uso delle tecniche tradizionali di incisione e stampa escludendo anche serigrafia e litografia.
Mi sono interrogato su questo scarto e io stesso non sono del tutto convinto della fondatezza della considerazione che sto per svolgere, ma la propongo come una riflessione con me stesso.
Se le parole hanno un significato preciso la differenza tra “Triennale Internazionale dell’incisione”, come diremmo noi, e “International Print Triennial” non è da poco, così si è affacciata la possibilità che l’aspetto lessicale possa aver determinato un qualche condizionamento, racchiudendo in sé la chiave dei comportamenti.
Non tenterò un’analisi comparata del valore semantico dei termini relativi all’arte dell’incisione nelle diverse lingue (non ho adeguate competenze, anche se sarebbe utile e interessante), mi limito semplicemente al confronto, tra l’italiano e il diffusissimo inglese, del vocabolo di maggior uso comune.
Nelle lingue anglosassoni il termine di riferimento è “print” (stampa) con tutte le espressioni che ne derivano.
Da noi a nessun artista verrebbe di parlare di “stampe” per le sue opere, generalmente dirà “incisioni” e si definirà “incisore” e solo per far realizzare la tiratura si rivolgerà ad uno “stampatore”. In tal modo si pone (inconsciamente?) in risalto la tecnica di realizzazione, fino ad usare l’espressione “foglio inciso” che, al di là della suggestione evocativa, risulterebbe, a rigore, inesatta essendo la matrice ad essere incisa mentre il foglio è stampato.
Invece se il valore è attribuito alla stampa (il risultato) e non al procedimento dalla quale è derivata (la tecnica), forse è anche comprensibile una maggiore “indifferenza” rispetto al processo, iniziando con la contaminazione tra diverse tecniche, fino alla “disinvoltura” nel sostituirle con procedimenti anche estranei rispetto all’originaria azione dell’incidere manualmente, poiché quel che appunto conta è l’immagine stampata in sé non tanto come si è ottenuta e l’evoluzione, se così si può dire, appare condivisa anche dal gusto dei fruitori.
Non mi sento di spingere oltre questa mia considerazione non sapendo se anche all’estero si è discusso sul concetto di “originalità” e non voglio neanche pensare alle complicazioni che si avrebbero se oltre a tentare una definizione di “incisione originale” ci si confrontasse anche sulla significato di “stampa originale” (original print) visto che, dopo lungo e acceso dibattito, si è pervenuti al risultato, marcatamente italiano, che ciascuno ha mantenuto la diversità delle proprie inconciliabili opinioni.
L’Italia appare dunque “l’isola felice” dell’incisione originale, forse è anche per questo legame che gli incisori italiani hanno difficoltà a confrontarsi all’estero?
Non so se questo sia un bene o un male e quali sviluppi potrà ancora riservare, continuo a guardare a tutto con curiosità e interesse nella stabile consapevolezza che a me affascina ed emoziona l’incisione nelle sue espressioni più tradizionali, non m’importa nulla di essere considerato un passatista e se anche nessuno la praticasse più ai livelli eccelsi che ancora si possono apprezzare, il passato, anche il più recente, è così ricco di artisti ed opere realizzate da soddisfare la curiosità per il tempo che mi resta.

3 commenti:

  1. Articolo molto interessante; da notare che il sistema per abbonarsi a Printmaking Today è oltre l'obsoleto... A me piace l'incisione nella sua essenza, poi cerco di espilicarla sperimentando il più possibile sulla tradizione. Incavo, rilievo o piano, da li non si scappa. Almeno dal 2004 lavoro con una tecnica che ho chiamato "solvografia" o "Styroblock printing", che è una matrice di polistirolo incisa a solvente, e ora sto sperimentando l'uso del plotter da taglio per ottenere mascherine a contatto in calcografia.

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  2. Ho preparato un articolo sulle solvografie:
    http://www.dopa.it/archives/1308
    Voi che ne pensate?

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  3. riporto qui il link giusto, perché nel frattempo ho cambiato il sito:
    http://www.paolodurandetto.it/solvografie-styroblock-printing/

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