lunedì 18 aprile 2011

CHI?

Richard Müller
In voller Würde (Con piena dignità)
acquaforte 1912









Riconoscete questo brano?
«Lo Presti! Chi era costui», ruminava tra sé don Abbondio seduto sul suo seggiolone, in una stanza del piano superiore, con un libricciolo aperto davanti, quando Perpetua entrò a portargli l’imbasciata. «Lo Presti! Questo nome mi par bene d’averlo letto o sentito; doveva essere un uomo di studio, un artistone del tempo nostro: è un nome di quelli; ma chi diavolo era costui?»
È proprio il celebre inizio dell’ottavo capitolo dei Promessi Sposi. Come? Non era proprio così? Si trattava di Carneade? Sì, ma è quello che mi è venuto in mente quando ho letto il nome di Stefano Lo Presti come presidente della giuria della biennale di Acqui Terme e componente di quella di Bassano del Grappa.
Dalla mia edizione scolastica dei Promessi Sposi trascrivo la nota su Lo Presti cioè, scusate, su Carneade:
“Filosofo oratore insigne di Cirene (215-129 a.C.) che non occupa però un posto eminente nella cultura antica, tanto che i posteri lo dimenticarono, fu nel 155 mandato con un’ambasceria a Roma, dove ottenne plausi e consensi per la sua eloquenza (Cicerone lo esalta nel De Officiis). L’ignoranza di don Abbondio (che si esprime nell’esclamazione e nell’interrogazione iniziali) il quale non sa chi sia, ha fatto del nome proprio del filosofo greco un sinonimo di persona poco nota o ignota.”
A parte che non è “filosofo”, né “oratore” e “insigne” potrebbe anche esserlo per motivi che sconosco, ma non certo artistici.
A parte che il “posto” occupato è quello di insegnate statale d’accademia (e, a quanto si dice, per accedervi solo sulla base di sedicenti competenze da stampatore che subito dopo l’assunzione si è affrettato a glissare, la parentela acquisita fu determinate).
A parte che non so se già in precedenza sia stato “mandato… a…” diciamo che ad Acqui c’era un appartenenza di Club che poteva “scusarne” la presenza.
A parte che non risulta abbia ottenuto “plausi e consensi per la sua eloquenza” né alcuno lo “esalta” almeno per i meriti prettamente artistici, perché il fatto che abbia saputo ben destreggiarsi nel ruolo di direttore (per correttezza riferisco che si dice anche questo) dimostra capacità organizzative e relazionali, ma non presuppone particolari qualità culturali (a tal proposito un testo risibile nel catalogo Es-pressioni del 1999 autorizzerebbe qualsiasi illazione).
A parte “l’ignoranza” mia che ho scambiato “nome proprio” con cognome.
A parte tutto… è certo che sia “sinonimo di persona poco nota o ignota
Probabilmente, tra tanti “Carneade”, sarebbe passato inosservato se non avesse fatto parte, quasi contemporaneamente, di due diverse giurie, ma tutta l’ironia si rivolge, per interposta pesona, al fatto che non bastano i ricchi premi e le drastiche selezioni a determinare il prestigio di una rassegna se non sono anche le giurie (inclusi i presidenti) ad essere di prestigio (certo che a contare è soprattutto la qualità delle opere selezionate e questa mia nota può apparire solo una pretestuosa polemica, ma non del tutto inutile).
Riserverebbe delle sorprese se i premi elencati dagli artisti fossero accompagnati dai nominativi di coloro che li hanno assegnati, oltre a palesarsi il patrocinio delle investiture, immaginate: Premio speciale della giuria presieduta da Stefano Lo Presti.
Chiii…?

domenica 10 aprile 2011

ENCLAVE


Francisco Goya y Lucientes
Soffia
acquaforte















Il concetto che forse rende meglio il rapporto dell’incisione col più generale contesto dell’arte è quello di enclave. Trascrivo la definizione da un dizionario Zanichelli: «enclave /franc. ā’klav/ s.f.inv (pl franc. enclaves / ā’klav/) Piccolo territorio appartenente a uno Stato ma tutto circondato da territorio di uno o più altri Stati.»
Vi sono anche altre espressioni artistiche che si trovano in condizioni analoghe a quella dell’incisione e, per restare nella metafora, il territorio appartenente ad altro Stato è prevalentemente quello dell’Arte Contemporanea.
Nella locuzione “Arte Contemporanea” l’aggettivo non si riferisce più ad un significato temporale, ma è divenuto espressione di tutto un (scusate la volgarità) “Sistema Culturale”.
Vi sono aspetti, principi, comportamenti… ritenuti organici al “sistema” ed altri che, senza alcuna apparente logica e razionale motivazione, ne sono esclusi, tanto che l’accettazione nell’ambito dell’arte contemporanea spesso rappresenta un autentico mistero.
Alcuni principi generali appaiono individuabili: i santoni dell’arte contemporanea non vogliono avere nulla a che fare col passato; qualsiasi processo bollato come artigiano viene automaticamente rigettato: l’artista contemporaneo si occupa della “speculazione” pura disgiunta dalla realizzazione dell’opera che è affida a terzi.
Quindi, senza allargarmi ulteriormente, è chiaro che le tecniche di incisione originale non possono essere contemplate dal “sistema” che ammette soltanto: performance, installazioni (meglio se con scarti da discariche), foto (meglio se sfuocate), video (meglio se mossi), pittura (solo se fatta male)… C’è del sarcasmo? Neanche tanto.
Tuttavia per quanto si voglia apparire snob ed elitari, nel “sistema” non ci si sottrae alle logiche commerciali pertanto oltre i costosissimi pezzi unici l’artista “contemporaneo” realizza (meglio fa realizzare) “multipli”, ma solo di tanto in tanto per non “sputtanarsi” troppo. Le didascalie dicono trattarsi di “prints on paper”, ma sul processo tecnico non è dato sapere di più, comunque gli acquirenti non mancano.
Credo di aver già scritto che la qualità delle incisioni la percepisco istintivamente, come si sul dire “di pancia”, la visione di quei fogli mi provoca come un sommovimento intestinale, insomma, per usare un elegante eufemismo, mi fanno cacare e penso alla carta su cui sono stampati solo per uso igienico.



sabato 2 aprile 2011

FACCIAMO UN GIOCO….

Giovanni Benedetto Castiglione
detto Il Grechetto
Circe e i compagni di Ulisse trasformai in bestie
acquaforte, 1650-51










A pagina 203 del suo libro “Da che Arte stai?” (Ed. Rizzoli, 2010) Luca Beatrice propone “un gioco” che merita di essere riportato perché rende benissimo il processo di costruzione del consenso e della valutazione di un artista.

«Facciamo un gioco. Prendiamo un quadro figurativo di buona (anche se non eccelsa) qualità. Appendiamolo per una settimana alle pareti del ristorante pizzeria Marechiaro. Quindi trasportiamolo in una galleria media, di quelle che i critici con la puzza al naso definiscono sbrigativamente “commerciali”. Infine inseriamolo in una mostra importante, curata da un nome giusto, nelle sale della Fondazione Sandretto o di un museo egualmente conclamato.
Attenzione, sempre lo stesso quadro!
Nel primo caso avremo l'elaborato domenicale di un dilettante, che per hobby ha chiesto al proprietario del ristorante di ospitarlo e, magari, di provare a venderlo a cento-duecento euro. Nel secondo, il dipinto aumenterà di valore ma non troppo (qualche migliaia di euro), perché la galleria non è così buona e si presume che lì un grande artista non ci lavorerà mai. Nel terzo e ultimo caso, il quadro prenderà la strada maestra del successo, lodato dagli addetti ai lavori, inseguito dai collezionisti disposti a spendere cifre folli per portarselo a casa, in quanto il suo valore è stato certificato da Bonami o da Birnbaum, dalla Tate Modern o da White Cube.
Di tutto sentiremo discutere, tranne che di qualità intrinseca dell'opera.»
Insomma è il contesto ad attribuire a qualsiasi cosa il valore di opera d’arte, era così quando nei musei entravano sculture e dipinti, capolavori o croste che fossero; è così oggi che nei santuari dell’arte contemporanea - che col passato non vogliono avere nulla a che fare - entrano scarti da discariche, oggetti in disuso, scritte al neon…
Basta la certificazione, la consacrazione, del contesto: se sono nel museo sono indubitabilmente ARTE!
Va inoltre chiarito che non è possibile pensare alle tre situazioni ipotizzate da Luca Beatrice come a stadi di un percorso evolutivo. Per dirla chiaramente l’artista che ritenesse di poter iniziare anche esponendo alla “Pizzeria Marechiaro” si sta precludendo ogni possibilità di “carriera”. Nessun curatore inviterà mai un artista “compromesso” con una galleria “commerciale”. Ovvio che tutte le gallerie esistono per fare “commercio”, ma solo alcune risultano organiche al sistema dell’arte contemporanea. Paradossalmente, ma neanche tanto, oggi la partecipazione, poniamo, alla Biennale di Venezia si può considerare solo come punto di partenza. O ci si immette direttamente in autostrada o si passerà la vita a percorrere strade secondarie; il rischio di restare fermi al casello è altissimo e occorre, per non dire troppo, anche una buona dose di fortuna, perché l’accettazione di un artista nel sistema dell’arte contemporanea spesso rappresenta un autentico mistero e anche in questi casi… «Di tutto sentiremo discutere, tranne che di qualità intrinseca dell'opera.»
Come considerazione finale è forse ormai superfluo evidenziare che se come mezzo espressivo prevalente si è scelta l’incisione non è neanche pensabile che si possa partecipare al “gioco” e in un prossimo post proverò ad argomentare meglio.