venerdì 19 agosto 2011

RONDEAU VENEZIANO 0.7

La drastica selezione è frutto di istintive suggestioni.      

Di incisione neanche a parlarne, a meno di non considerare tale il pavimento del “para-padiglione”












Cindy Sherman, Untitled
Le stampe invece prolificano, fotografiche e digitali sui supporti più disparati, come quella di Cindy Sherman, stampata su tela adesiva PhotoTex, che riveste un’intera stanza, l’importante è che non sia richiesta la manualità diretta dell’artista, eventualmente, se proprio occorre, che siano le mani di altri a “fare”.



 

 Utilizzando il buio, come molti prediligono fare, si toccano le corde di sensazioni ancestrali, ma non basta questo per determinare un’emozione estetica.
Diohandi, Beyond Reforme, Padiglione greco

Diohandi, Beyond Reforme, Padiglione greco

Diohandi, Beyond Reforme, Padiglione greco
Se, come mi pare di aver capito, nel padiglione austriaco l’allestimento, le sculture e i dipinti sono opera dello stesso autore, tutto è ancor più interessante : stretti corridoi labirintici staccati da terra, pertanto si vedono solo le gambe delle persone presenti (nelle intenzioni claustrofobico in alto e libero in basso),
Padiglione austriaco

Padiglione austriaco


Markus Schinwald, Padiglione austriaco
di tanto in tanto strani elementi scultorei lineari posti negli angoli all’altezza del soffitto e gli inquietanti dipinti di Markus Schinwald che tecnicamente mimano la qualità pittorica dei ritratti ottocenteschi (unico esempio di pittura tradizionale insieme a Steven Shearer, vagamente munchiano, presentato nel padiglione canadese; Tintoretto è un caso a sé)







Sono in attesa del vaporetto: per il ritorno ho scelto la linea 1 che attraversa il Canal Grande.

Come divagazione conclusiva, mi sembra, risulti calzante la distinzione fatta da Umberto Eco, nella sua rubrica dell’Espresso di qualche settimana addietro tra “verità estetica” (quella degli artisti e dei letterati) e “verità aletica“ (quella condivisa dagli scienziati, dai logici o dai giudici di tribunale chiamati a decidere dalla veridicità di un testimone) così la chiama Eco e io mi adeguo.
Umberto Eco mette in guardia dallo scambiare la finzione narrativa per la realtà, ma ritiene che a volte la finzione narrativa può essere più vera del vero e ispirare identificazioni, percezioni di fenomeni, creare nuovi modi di sentire.
Per esempio (storico) oggi sappiamo che le scatolette di “Merda d’Artista” di Piero Manzoni sono vuote (verità “aletica”), ma ciò non toglie nulla alla suggestione provocata dalla dichiarazione dell’artista circa il loro contenuto (verità estetica).
Per esempio (attuale) i video dei “Mari verticali” di Fabrizio Plessi proiettano il moto ondoso di dodici diversi mari del mondo (verità estetica), e risulterebbe del tutto ininfluente se invece si trattasse solo del mare di Jesolo (o del Lido, neanche per spostarsi troppo) in un giorno di mareggiata (verità “aletica”).
Fabrizio Plessi, Mari Verticali
Una parte delle basi che sostengono le imbarcazioni è una vasca con dell’acqua (per scoprirlo occorre saper vedere, e toccare, senza lasciarsi suggestionare o intimorire dalla semioscurità scenografica), nella spiegazione dell’installazione non si dice (forse ha prevalso un senso del pudore), ma per coerenza concettuale dovrebbe trattarsi della stessa acqua degli oceani ai quali si riferisce il video corrispondente (eventuale verità estetica) e nulla cambierebbe se invece è stata prelevata dal Canale di S. Elena che si trova a pochi metri dal Padiglione Venezia.

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