sabato 20 agosto 2011

RONDEAU VENEZIANO 10

Per non doverlo ripetere continuamente avverto che le citazioni tra virgolette sono tratte dal testo di presentazione di Vittorio Sgarbi riportato nel Catalogo della Biennale.
«Dunque ho chiesto a persone che ammiro, che sono diversamente ammirate (Esercizi di ammirazione è il titolo di un bellissimo libro di Emile Cioran) di indicarmi l’artista, il pittore, il fotografo, il ceramista, il designer, il video artista, il grafico più interessante di questa apertura del nuovo millennio. Saranno 150 i “segnalatori”, testimoni di una realtà che non può essere esiliata in un ghetto avvalorando la tendenza delle gallerie d’arte. Insomma 150 punti di vista, per una rappresentazione caleidoscopica e libera dal pregiudizio di un critico che abbia la sua squadra, le sue predilezioni, i suoi protetti.»

Non vedo molta differenza tra individuare 150 “persone” che si ammirano e individuare 150 “artisti” che si ammirano, ma anche ammettendo il principio dei “150 punti di vista” diversi si compie comunque una scelta: se non tutti almeno cento risultano intercambiabili con punti di vista degni di altrettanta ammirazione perché le competenze in fatto d’arte di Pasolini, Sciascia, Moravia, che Sgarbi porta ad esempio, non sono da tutti.

Più che «caleidoscopica»: un caos di parole eterogenee, un corpo da creatura di Frankestein nel quale pullulano organi mostruosamente uniti può forse essere un’immagine che si approssima all’allestimento del Padiglione Italia.
Qualcosa non torna con l’elenco pubblicato nel sito ufficiale della Biennale: pur sapendo della presenza di alcuni nomi non sono riuscito a trovarli, pare vi sia stata una giostra di defezioni e sostituzioni confermando la mia ipotesi dell’intercambiabilità.


















Capita spesso che ci si trovi a vedere il retro della tela dell’opera posta dall’altra parte della struttura di allestimento.

La disposizione delle opere è generalmente definita a “random”, invece il modello di studio dell’allestimento dimostra che la disposizione è stata attentamente valutata e il principio riconoscibile pare essere stato quello di disporre più in alto i dipinti con resa pittorica non particolarmente efficace, riservando la visione ad altezza d’uomo a quelli con più elevata qualità.
La bella pittura, splendida in alcuni casi, non manca e se si fossero selezionate solo quelle opere…?

L’idea della maggior parte degli artisti che il grande formato li avrebbe resi più evidenti è risultata una scelta penalizzante infatti nella maggior parte dei casi sono finiti collocati ad un’altezza inguardabile.
Stranamente il piccolo formato risulta valorizzato.
Wainer Vaccari
Ed ecco la soluzione geniale.
Enzo Cucchi
Enzo Cucchi
Non so se si tratta di una scelta di allestimento o una richiesta dell’artista: c’è da chiedersi se l’avrebbero assecondato comunque se non si fosse trattato di Enzo Cucchi.



Quanto delle belle, semplici e sane acqueforti avrebbero ben figurato in questa saletta.

Installazione di Gaetano Pesce
Filippo, 588 ritratti dei 1000 componenti la leggendaria guardia scelta del re Serse
Nell’elenco riportato nel sito della Biennale non sono presenti e sarebbero passati del tutto inosservati, pertanto so di assumermi la responsabilità di elevarli agli onori della cronaca, ma come si sono intrufolati questi due? 
«Mi affiancheranno critici e studiosi per esaminare la grande quantità di materiali che arriveranno alla mia attenzione.» evidentemente qualcuno ha allargato le maglie del vaglio.
Sostiene Sgarbi: «Perché dovremmo affidarci ai “curatori” o, come si vogliono con civetteria chiamare, “curatori indipendenti? Perché ci indichino i loro protetti, ci portino nella loro infermeria dove “curano” i loro pazienti e malati? »
Luigi Sansone è proprio un “curatore indipendente” di mostre e Alberto Croce è il “curato“ (nel senso di paziente in cura).
Disegnini a china con cornicetta in noce, ormai neanche nelle mostre paesane delle pro-loco. Alberto Croce da piccolo è rimasto traumatizzato dalla visione di una rana mentre cercava un posto per fare pipì (più o meno è questa, forse non era pipì, l’origine della tematica adottata) non vorrei risultare ipercritico nei confronti del lavoro di Alberto Croce (posso anche dire che i disegni in sé sono gradevolmente ironici), semplicemente non può essere considerato, chiunque lo sostenga, «il grafico più interessante di questa apertura del nuovo millennio» e casi analoghi possono essere individuati anche per le altre forme di espressione artistica.

Quanto al museo della mafia ri-allestito nel soppalco, ecco uno dei passaggi più suggestivi

(vi assicuro la foto è perfetta).

















«…attraverso un collegamento in tempo reale con tutti gli istituti di cultura (ottantanove), che potranno segnalare uno solo o più artisti. Cento televisori saranno un occhio aperto sul mondo entro il Padiglione Italia.»
Perché 100 se gli Istituti sono 89? Come si vede i monitor non sono 100 (che motivo c’era di sparare un numero?) e i filmati sono registrazioni che si ripetono ciclicamente, tuttavia gli artisti che hanno avuto questa opportunità risultano in definitiva più avvantaggiati di coloro che espongono alle Tese delle Vergini o nelle fantomatiche mostre in giro per l’Italia, il perché lo chiarirò meglio più avanti.

Una barchetta che trasporta 5 persone alla volta può traghettarvi gratuitamente dall’altra parte del bacino denominata “Arsenale Nuovissimo” (servizio fino alle 17,00)
Arsenale Nuovissimo
con padiglioni della Bielorussia, Sud Africa, allievi delle Accademie di Belle Arti e altri eventi collaterali. Per accedere a questa parte non occorre biglietto e può essere raggiunta indipendentemente dall’ingresso all’Arsenale con i vaporetti 41,42,51,52 fermate Baccini o Celestia.

«L’indagine non sarà completa senza una rappresentanza delle venti accademie di belle arti d’italia, i cui direttori sono stati chiamati a proporre una scelta delle opere dei loro allievi»
Tanto caotico è l’allestimento del Padiglione Italia, tanto nitido è quello delle Accademie di Belle Arti.
 Tra le venti Accademie italiane non so quale appaia la migliore, non ho dubbi su quale risulti la peggiore anche per aver scelto di proporre l’ex allievo passato già docente (per quanto con incarico annuale) nella stessa Accademia dove casualmente insegna anche il padre (indovina indovinello).


Un incisione c’è, l’unica, e non poteva che presentarla Urbino, meno male, confermando una tradizione ancora dignitosa.
Matteo Fato, Luca stesa, puntasecca 2005
Chissà di cosa si occupa adesso il giovane artista?
Percorso lungo le mura esterne dell’Arsenale verso la fermata Celestia.
Durante il tragitto di ritorno ho continuato a riflettere, ragionando e discutendo con quell’altro interiore con il quale sostengo la mie più contorte conversazioni solitarie, ora dandogli ragione, ora negandogliela e morirò senza mai averlo incontrato. Non essendo giunto ad alcuna conclusione sensata mi riservo di provare a riordinare meglio le idee e conto di postarla al termine del soggiorno come forma di epilogo.


Frattanto una considerazione va fatta sulle pubblicazioni.
Al momento non risulta pubblicato un catalogo ufficiale specifico né del Padiglione Italia né delle mostre regionali, mentre ne esiste uno per le mostre allestite all’estero con la nota biografica e la riproduzione di un’opera per ciascun artista, non vi sembra una differenza significativa?
Nel catalogo generale della Biennale al Padiglione Italia è concessa qualche pagina in più rispetto alle altre nazioni: In tutto 8 pagine, mezza paginetta per la presentazione del Commissario Antonia Pasqua Recchia, meno di due pagine il testo del curatore Vittorio Sgarbi e 13 le opere riprodotte. Non è questa la più drastica delle selezioni che si potesse operare? Chi le ha scelte?
Altro che «…”et et”, lontani dall’”aut aut” cui i critici-curatori-infermieri ci hanno obbligati fino ad oggi.»
Immaginate quale possa essere stata la reazione dei “maestri” che non si ritrovano neanche citati in catalogo?
Insomma della mappatura della “Stato dell’Arte” in Italia nei primi dieci anni del nuovo millennio non resterà una documentazione, solo un elenco di nomi in Internet, ma a causa del vortice di rinunce e sostituzioni non si saprà più chi effettivamente era presente; per come stanno le cose forse può essere una fortuna perché chiunque potrà dire di aver partecipato presentando un assoluto capolavoro, oppure sostenere di essersi rifiutato di partecipare all’ammucchiata.

Sempre dal testo di presentazione in catalogo apprendo che «Simmetricamente, in un palazzo veneziano, andranno documentati gli artisti stranieri che lavorano in Italia.»
Per quanto abbia consultato tutti gli elenchi relativi agli eventi collaterali non ho trovato traccia della mostra annunciata.

Ho fatto in tempo a passare dalla sede espositiva della Fondazione Bevilacqua La Masa,
(la sede dove si trova la segreteria è chiusa in questi giorni) tra il materiale in distribuzione c’è un comunicato stampa che farebbe pensare a chissà quale evento: «edizioni limitate altamente elaborate, prodotte dai più raffinati artisti contemporanei…», invece si scopre che “Terrarium for Two Publishers” a cura di Rirkrit Tiravanija consiste soltanto nelle tre vetrinette su Calle dell’Ascensione.
Rirkrit Tiravanija, “Terrarium for Two Publishers” 
Per chi qualche libro, d’artista e non, è abituato a sfogliarlo il trionfalismo appare ridicolo e l’installazione ha l’indubbio pregio di risparmiarcene, almeno in parte, la visione diretta; doveva concludersi il primo Luglio, ma evidentemente non avevano di peggio per sostituirla.

Rispetto ai miei propositi non riuscirò a visitare una stamperia, e un piccolo editore che mi interessava conoscere, non avevo preso accordi telefonici preventivi così non sono condizionato dal mantenere l’impegno e conto in qualche altra occasione, magari non tra altri quattro anni.

L’ortonimo ho telefonato ad un incisore chiedendo d’incontrarlo ricevendone come risposta che lo studio è chiuso poiché si trova in ferie.
Un artista in ferie? Neanche fosse un impiegato del catasto (stereotipo del burocrate frustrato), se avesse risposto che era impegnato non avrei dubitato ritenendolo plausibile, forse così ha pensato di apparire “prezioso” o risultare volutamente scortese, comunque è stato ancor meglio di conoscerlo personalmente giudicandolo ormai soltanto un cazzone. 

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