giovedì 4 agosto 2011

FINE STAGIONE

Camillo Procaccini
Riposo nella fuga il Egitto
acquaforte, ca. 1575 - ante 1629
mm 260 x 177
Camillo Procaccini eseguì solo cinque incisioni all'acquaforte, delle quali solo due sono databili al 1593. Le altre, tra le quali quella riprodotta, restano di dubbia datazione.
  





Forse è per adeguarsi alla tradizione veneziana se anche le rassegne d’incisione sembrano prediligere gli anni dispari, così quest’anno si sono tenute le rassegne di Casale Monferrato, Cremona, Bassano del Grappa, Acqui Terme (in ordine di inaugurazione, qualcuna potrei anche averla involontariamente scordata invece ho volutamente ignorato tutte le iniziative così dette exlibristiche).
La pagina delle mostre si sta svuotando, c’è aria di “fine stagione”, se così possiamo definirla, e una interrogativo s’impone:
Le rassegne d’incisione servono ancora a qualcosa?
Per rassegna intendo tutte quelle mostre collettive che si ripetono con una scadenza periodica: dal ricco concorso a premi alla mostra annuale di un’associazione.
Con i tempi che corrono vi sono sempre più dubbi, oppure sono proprio i tempi che corrono a richiederne la necessità?
Sto parlando delle rassegne proprio da un punto di vista, scusate la parolaccia, “culturale” (come risulta da altri precedenti post a volte mi lascio andare a scurrilità espressive).
Al dunque: hanno ancora un senso? E qui, ri-scusate, bisogna proprio rispondere come si favoleggiava facesse Andreotti al telefono quando gli chiedevano se era proprio lui: «Dipende».
È chiaro che si deve distinguere da rassegna a rassegna, perché è sempre più raro trovarne una che lo sia davvero.
Per essere considerata valida una rassegna deve risultare un’occasione per fare bilanci, per confrontarsi col passato e col presente ipotizzando il futuro; un momento per fare il punto sulla qualità e la quantità delle proposte di uno specifico settore circondati dagli oggetti della propria passione.
Per essere considerata valida una rassegna non può ripetersi periodicamente uguale a se stessa, è indispensabile che proponga qualcosa di effettivamente particolare e unico, di “o lo vedi lì o non lo vedi da nessuna altra parte”. Perché questa deve essere una rassegna: l’eccezione non la regola.
Che un anno sia premiato Tizio invece di Caio non rappresenta alcun motivo di interesse, a parte per i diretti interessati; ciascuno ha il suo giro di amici dei quali non si può fare a meno per non scontentarli; gli incisori italiani di qualità sono noti, terminato il giro degli inviti non resta che riproporli ciclicamente, e potrebbe anche andare bene se tutti fossero mossi da necessità espressive, invece alcuni, trovato un motivetto di successo, ripetono ossessivamente lo stesso soggetto e subito prevengo l’obiezione ché Morandi non risulta mai ripetitivo. Altri sono arrivati al punto di riciclare vecchi lavori aggiornando all’occorrenza la data di realizzazione. Per non dire dei gruppi chiusi degli associati che infatti non potendo differenziare i nomi, tentano di cambiare i luoghi di esposizione.
Con queste logiche ogni rassegna finisce per assomigliare a se stessa, riproponendo la solita minestra per la quale non vale la pena non dico di saltare dalla finestra, ma nemmeno sprecare il tempo di una visita.
Anche la “location”, come si dice in cretinese, fa la sua parte, la sua particolarità può aggiungere davvero qualcosa in più alla proposta strettamente artistica. Intendo dire che riuscire a dare all’iniziativa anche una dimensione di festa nazionalpopolare non è da disprezzare per principio o se preferite chiamiamolo “Festival” ché va tanto di moda.
L’incisione è di per sé elitaria e spesso gli artisti tendono a compiacersene.
Ben vengano le dimostrazioni di stampa e quant’altro può servire a far comprenderne la differenza rispetto a un disegno fotocopiato.
Se questi parametri hanno una qualche validità, quali tra le rassegne di quest’anno superano il test qualità?
Agli irriducibili dell’incisione l’ardua sentenza.

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